mercoledì 26 settembre 2007

SOBRIETA' NEL QUOTIDIANO

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!
Stamattina il Vangelo volta capitolo, va al n° 9 (vedi Lc 9, 1-6) dove troviamo la parte centrale e determinante della missione di Gesù: Gerusalemme, con il quale avrà culmine col suo mistero Pasquale.
Gìà abbiamo visto come Gesù aveva scelto tra i suoi discepoli dodici persone, al quale darà il nome di Apostoli, perché potessero assumere delle responsabilità in mezzo al popolo. A questi Gesù chiede qualcosa di particolare, delle rinunce precise: qualcosa che li aiuti a cambiare vita.
Inoltre Gesù da' loro delle istruzioni che tratteggiano il Suo volto stesso modello ispiratore di tutta la vita cristiana. Questo significa che seguire Gesù è obbligo cambiare interiormente, cambiare il proprio modo di vivere.
Ma vediamo quale Parola per noi, per la nostra vita. "Gesù chiamò a sé i Dodici e disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno». Allora essi partirono e passavano di villaggio in villaggio, annunziando dovunque la buona novella".
La Bibbia fa leggere la povertà come sinonimo di male, segno d'ingiustizia e conseguenza del peccato. Tuttavia l'evangelista Luca insiste sulla necessità di "rinunciare ai propri averi" (14,33) e di "non prendere nulla" per poter vivere radicalmente la sequela del Cristo, liberi dall'avido possesso e dall'accumulo ingombrante che soffoca l'efficacia dell'annuncio. Perché una tale insistenza? Motivo di questa insistenza lo troviamo nelle parole di san Paolo: Gesù che da ricco che era si fece povero per noi, perché diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr. 2Cor 8,9). Noi, oggi, non vorremo mai essere poveri e neanche chi ha vissuto la guerra, la fame e qualcos'altro non vuole esserlo. Qualcuno pensa che più ha denaro più è qualcuno nella società. Forse. Però, la condizione scelta da Gesù fin dalla sua incarnazione tra gli umili della terra, è stata la povertà come segno ed espressione dell'amore di Dio, per cui ciò che la Bibbia ha sempre detto come qualcosa di negativo e maledetto, con Gesù è segno di benedizione, è segno del Regno. Del resto come si potrebbe coniugare il discepolato con l'attaccamento geloso e goloso all'effimera ricchezza che imprigiona il cuore impedendogli d'amare? E' infatti nel sobrio e fiducioso distacco dalle cose e dai noi stessi che si genera gratuità d'amore e solidità di fede.
Nella preghiera odierna, quando riusciremo a ritargliarcela, affidiamo la nostra vita a Lui, in Lui gettiamo il nostro affanno, estirpando dal cuore ogni bramosia d'avere e più ancora l'ansia dell'apparire. Proviamo ad andare nella preghiera con il nostro niente. Proviamo a pregare così: Donami, Signore, di percepire quanto ricco mi renda la tua povertà che in me si fa ricerca quotidiana dell'essenziale e del sobrio, cura premurosa solidale e gratuita dell'altro, fiducia illimitata nel tuo amore provvido e distacco sereno dal mio ego ingombrante.