martedì 13 novembre 2007

LA SANTITA'

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!

Il 15 novembre l'Ordine Carmelitano vuole ricordare tutti i Santi della sua Famiglia. Il Vangelo allora carissimi, non sarà quello che il calendario universale propone, ma quello della Liturgia carmelitana e che abbiamo avuto modo di ascoltare il 1° novemebre nella celebrazione di Tutti i Santi.
Ancora una volta si parla di beatitudine: ma non è tutto il nostro camminare da cristiani? Sì è vero Solo Dio è il Santo, il totalmente altro e intangibile. Ancora una volta vogliamo ricordare quelle persone (anche se solo carmelitani/e) che si sono avvicinati a Dio durante la loro vita e che hanno provato a mettere anche in noi questo desiderio di comunione con il Signore. E che cosa è se non quell'oceano di pace e di beatitudine, "questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati, è chiamata "il cielo". Il cielo è il fine ultimo dell'uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva" (CCC 1024).
I santi sperimentano la realtà delle beatitudini proclamate da Gesù nel Vangelo (vedi Mt 5,1-12). Gesù ripete nove volte "beati". Pensiamoci un attimo: Gesù ripete nove volte come un ritornello martellante "beati", quasi un appello a dare libero sfogo alla propria felicità. La serie di "beati!", che sembra non volersi arrestare, dice una felicità completa a cui non manca nulla per essere piena e traboccante. Il "beati!" viene poi ripreso e spiegato nel duplice imperativo finale: è una gioia interiore e profonda, non superficiale ("rallegratevi!"), ma che si esprime anche esternamente in modo esplosivo e contagioso ("esultate!").
Qui Gesù non comanda, non prescrive, non esorta; proclama invece "beati" (cioè felici) quelli che aprono il cuore a una qualità di gioia diversa da quella "svenduta" nel gran mercato che è questo mondo. Gesù qui svela (toglie il velo) da un mistero che è la risposta alla sete più profonda dell'uomo: della mia, della tua sete. Ma bisogna cogliere quel che Egli annuncia a livelli profondi, là dove appunto la gioia si colloca. E' nel pieno aderire a Dio e nel lasciarci liberare da quel che c'impedisce di essere totalmente con Lui, che viviamo il suo amore. E questo amore non sminuisce, tanto meno disprezza le realtà di quaggiù e le gioie autenticamente umane, ma le trasfigura.
Oggi, fermiamoci per fare il punto sulla nostra situazione di cristiano/a. Il cammino delle beatitudini è per tutti. Non dobbiamo assolutamente pensarlo fuori dal nostro orizzonte.
Preghiamo così: Signore, Tu mi vuoi beato, mi vuoi nella gioia, quella "gioia" che nessuno potrà rapirmi. Dammi un cuore che cerca Te. So che tutto il resto mi sarà dato. Fammi capire che quanto la cupidigia mi soffoca, impedendomi di realizzare il tuo disegno su di me, altrettanto la povertà evangelica mi spinge sulle vie del "saper amare", che è segreto di libertà e di gioia.