mercoledì 28 novembre 2007

NEL DISORDINE DEL MONDO, IL VANGELO DELL'AMORE

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!




Il 29 novembre, il calendario carmelitano riporta la memoria dei beati Dionisio e Redento. La Liturgia della Parola continua a raccontarci l'esperienza di Dio vissuta da Daniele (vedi Dn 6,12-28). Il Vangelo parla del destino di Gerusalemme e porta per noi una esortazione finale: "Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina" (vedi Lc 21,20-28).
Non so se hai letto tutto il brano che ti ho indicato, ma spero che non ti sei spaventato/a o turbato/a. C'è un passaggio di Dio nella nostra vita, e di questo siamo chiamati a gioire perchè quando passa ci chiama a libertà. Però ognuno deve lasciarsi guidare dalla potenza dello Spirito Santo che tutto rinnova per poter leggere la propria storia nel mistero di Cristo; così la sofferenza del momento presente, della morte è liberazione verso Cristo, nella vita per sempre. Pensiamo alle parole di san Paolo: "Desidero essere sciolto dal corpo, per essere con Cristo..." (Fil 1,23).
Ma in questo disordine del mondo anche per noi vi è una chiamata che forse ignoriamo o che non vogliamo conoscere: l'attuale disordine del mondo, che provoca "angoscia di popoli in ansia", spinge i credenti ad "alzarsi e a levare il capo" perché il Figlio dell'uomo è vicino, è venuto anzi ad abitare in mezzo agli uomini. Egli può indicare a tutti il cammino della pace. È nostra la responsabilità di mostrare al mondo il Vangelo dell'amore.
Oggi vi invito a pregare con le parole del santo carmelitano Giovanni della Croce, con il suo “Strofe dell’anima che soffre per vedere Dio”.

Vivo, ma non vivo in me,
così alto è quel che spero,
che muoio perché non muoio.

In me io non vivo più,
senza Dio viver non posso;
e di Lui e di me priva,
questa vita che sarà?
Spero sol che mille morti
la mia vita si farà,
morendo perché non muoio.

Questa vita che io vivo
è di viver privazione,
è perciò morte perenne
finché in te io non vivrò.
Senti, Dio, quanto ti dico,
questa vita io non voglio,
che muoio perché non muoio.

Mentre sto da te lontano,
quale vita posso avere,
se non a morte soggiacere,
la peggiore che mai vi fu?
Ho di me sommo dolore,
giacché vivo in tal maniera,
che muoio perché non muoio.

O mio Dio! quando sarà
che io possa dir davvero:
vivo già perché non muoio?