mercoledì 26 dicembre 2007

NEL SEGNO DELL'AMORE

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!




La liturgia del giorno ci ricorda il primo martire della Chiesa cristiana: Santo Stefano. Donaci, o Padre, di esprimere con la vita il mistero che celebriamo nel giorno natalizio di santo Stefano primo martire e insegnaci ad amare anche i nostri nemici sull'esempio di lui che morendo pregò per i suoi persecutori. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Così preghiamo durante la liturgia.
Ieri, giorno di Natale, abbiamo avuto il presepe del bambino appena nato con il canto degli angeli e la visita dei pastori. Oggi è il sangue di Stefano, lapidato a morte, perché ebbe il coraggio di credere nella promessa espressa nella semplicità del presepe. Il motivo dell'uccisione di Stefano era perché criticò l'interpretazione fondamentalistica della Legge di Dio ed il monopolio del Tempio (At 6,13-14).
In questa festa odierna, la liturgia ci presenta un brano del vangelo di Matteo (Mt 10,17-22), tratto dal così detto Sermone della Missione (Mt 10,5-42). In esso Gesù avverte i discepoli dicendo che la fedeltà al vangelo comporta difficoltà e persecuzioni: "Vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle sinagoghe". Ma per Gesù l'importante nella persecuzione non è il lato doloroso della sofferenza, bensì il lato positivo della testimonianza: "Sarete condotti davanti ai governanti e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani". La persecuzione offre l'occasione di dare testimonianza della Buona Notizia che Dio ci reca. • E' quanto avvenne con Stefano e che, ancora oggi, continua. Gesù aveva detto: "Quando vi consegneranno nelle loro mani non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi". Questa profezia si compì anche in Stefano. Nell'ora della sua morte disse: "Vedo il cielo aperto, ed il Figlio dell'Uomo in piedi alla destra di Dio" (At 7,56). E nel cadere morto sotto le pietre imitò Gesù gridando: "Signore, non imputar loro questo peccato!" (At 7,60; Lc 23,34). I suoi avversari "non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava" (Atti 6,10). "E tutti quelli che sedevano nel Sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo" (At 6,15). Stefano parlava "pieno di Spirito Santo" (At 7,55). Per questo, la rabbia degli altri era così grande che lo linciarono.
Carissimi, non abbiamo finito di ammirare la semplicità del presepe che già abbiamo la durezza del martirio. Semplicità e durezza vanno di pari passo nella vita di Santi e Sante e nella vita di tante persone che oggi sono perseguitate fino alla morte a causa della loro fedeltà al vangelo. Ma c'è anche una semplicità e durezza del quotidiano che non bisogna dimenticare. Viviamo allora, questa semplicità e durezza nel segno dell'amore per poter vivere nella gloria dei beati e sarà gioia immensa, gioia eterna senza fine.
Preghiamo così: Signore, sii per me la rupe che mi accoglie, la cinta di riparo che mi salva. Mi affido alle tue mani; tu mi riscatti, Signore, Dio fedele (Sal 30).
Auguri a quanti portano il nome di questo glorioso martire.