martedì 4 dicembre 2007

UN CUORE IN SINTONIA CON DIO

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!

Nel Vangelo troviamo Gesù attorniato da una folla in cui sembra concentrarsi tutto il dolore umano (vedi Mt 15,29-37): zoppi, storpi, ciechi sordi si accalcano intorno a lui. Cercano il taumaturgo, colui che li liberi dal male immediato che li tormenta. Ma Gesù guarda oltre: Egli guarda dove l'occhio nudo non può percepire. Va alla radice, là dove neppure noi stessi osiamo talvolta avventurarci. E coglie quella fame, quella sete insaziabile che ci tormenta.
In questa dimensione umana al netto, Dio dice: "Ho compassione!". Sì, Dio ha compassione del male oscuro e profondo che affligge l'umanità perché la vede vagare senza meta, trascinarsi con stanchezza in un'esistenza di cui non comprende più il senso.
In questo stato non può che venir meno lungo la strada. Ed eccolo, rivolgersi ai "suoi": a me, a te, a tutti, in particolare a ogni cristiano, per chiedere di "dar loro da mangiare". Ed è proprio in questa domanda di Dio che ci scopriamo impotenti, proprio come gli apostoli. "Dove potremo trovare nel deserto della nostra esistenza tanti pani per sfamare una folla così grande?". È vero: le nostre risorse umane sono limitate; le forze ostili sono ingenti. Ci sentiamo sopraffatti dalle situazioni, impotenti. È la necessaria presa di coscienza che "senza di Lui non possiamo nulla". L'errore sta nel fermarsi qui (e questo alle volte capita anche a me). E il Signore ci sollecita a superare questo scoglio. Il "pane" ce lo fornirà Lui nella misura in cui gli presteremo le nostre mani e, con fede, cominciamo a distribuire quello che abbiamo. Non è nel pensiero di Dio riempire prima le giare, i granai, in modo che si possa distribuire senza timore che ne venga a mancare. Lui fa solo in modo che il livello dell'olio nella giara non diminuisca (vedi vedova di Sarepta 1Re 17,16), e il pane condiviso non si esaurisca. La vera carità, non si coniuga con l'accortezza di chi prima pondera fin dove può spingersi senza esporsi troppo, ma con la fede di chi conta su Dio, sia pur agendo con la necessaria oculatezza e prudenza.
Allora forse è il caso di chiedersi, pensando ai mali che affliggono la nostra società: di quali "pani" dispongo per soccorrerla? "Davanti a ogni sofferenza umana, secondo le tue possibilità, impegnati non soltanto per alleviarla tempestivamente, ma anche per distruggere le sue cause. Impegnati non soltanto per struggere le sue cause, ma anche per alleviarla tempestivamente" (Abbé Pierre).
Oggi, quando preghiamo, proviamo ad usare una chiave di lettura della preghiera: cerchiamo di mettere il nostro cuore in sintonia con quello di Dio. Volgerò, quindi, lo sguardo ai Liberami, Signore, da quella prudenza troppo umana che chiude il cuore e le mani, e da quel contare esclusivamente sulle mie possibilità e capacità, dimenticando che tu stesso ti fai garante là dove la fede fluisce spontanea-mente nella fiducia.