giovedì 27 marzo 2008

FARE ESPERIENZA DEL RISORTO

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!

Anche noi come gli Apostoli stiamo vivendo l'evento della risurrezione. Come loro ci ritroviamo al proprio posto di lavoro.
Il Vangelo di san Giovanni termina con la descrizione di un incontro ricco di simboli: Pietro e altri sei discepoli sono sulle rive del lago di Tiberiade: erano di mestiere pescatori (vedi Gv 21,1-14). Dopo una notte infruttuosa, mentre sono stanchi e delusi, ecco Gesù apparire a riva come l'albeggiare del sole. Ma loro non lo riconoscono. L'approccio, da parte di Gesù è tenerissimo. Li chiama "figlioli", chiede se hanno del cibo e glielo procurano. Ma il loro cuore è ancora incapace nel riconoscerlo. Solo a questo punto Giovanni l'Evangelista, che si sa molto amato e ama Gesù di tenerissimo amore, esplode in quell'espressione di riconoscimento e di gioia stupita: "E' il Signore!". L'amore conosce per primo Dio e anche ciò che appartiene a Lui. E l'intelletto non arriva a tanto.
In modo conforme alla sua posizione nella comunità, Giovanni è il primo a riconoscere Gesù; e Pietro è il primo a raggiungerlo.
In questo incontro, Gesù risorto è il Gesù che prende l'iniziativa per non lasciarci soli. Egli sa come è facile per noi rinchiuderci nella vita che facciamo, dimenticando le cose più importanti. I discepoli non si erano riuniti a pregare, ma erano semplicemente andati a pescare per procurasi il loro sostentamento. Proprio in un momento come questo, Gesù appare. E' chiara dunque la sua volontà di non essere dimenticato.
In questo scenario di resurrezione, i discepoli riconobbero Gesù non soltanto perché i loro occhi si aprirono alla fede, ma perché il loro cuore conobbe una volta di più quel maestro che avevano già imparato ad amare proprio per la sua mansuetudine. Non potrebbe essere anche la nostra esperienza?
Preghiamo perché anche i nostri cuori si aprano a questo incontro con il Risorto.