mercoledì 26 novembre 2008

SORVEGLIATE LA VOSTRA VITA!

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Continua il linguaggio apocalittico (vedi Lc 21,20-28). Forse per un momento possiamo pensare a quell'11 settembre del 2001, ove davanti a tanto scalpore, ad un manifestarsi così devastante la violenza degli uomini, il Signore ci rassicura dicendoci: "alzate il capo, la votra liberazione è vicina".
I versetti 25-28 di questo brano non sono descrizioni di cataclismi cosmici, ma modi di dire immaginosi, iperbolici, irreali a cui gli autori della Bibbia hanno fatto ricorso per annunciare le grandi novità di salvezza e di liberazione portate dal Messia. La Bibbia abbonda di tali descrizioni per presentare avvenimenti storici come la caduta di un re, una sconfitta militare o un qualsiasi rivolgimento nazionale (cfr. Es 19,18-19; Is 14,12; Ger 4,23-28; Gl 3,1-5; ecc.).
Questi modi di dire, dunque, non annunciano un rivoluzione nel mondo fisico, ma un grande evento nella storia della salvezza. Anche nel nostro linguaggio, quando succede qualcosa di imprevisto o di grave, si dice: "Mi sono sentito cadere il mondo addosso!". Ma, meno male che il mondo non è ancora caduto addosso a nessuno: l'espressione vuol dire altro. Quindi cerchiamo di cogliere questo momento come un kairos. Gesù ha qualcosa di importante da dirci.
Anzitutto osserviamo che il testo è incastonato tra due termini fondamentali della nostra fede, la perseveranza e la redenzione. Questi due stessi termini li ritroviamo in Rm 8, 22-25: "Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nella doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente, aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella speranza noi siamo stati salvati. Ora ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza".
Il testo di oggi è un invito ad attaccarci con più determinazione a quest’ultimo elemento. Gesù ci invita a cogliere i segni della prossimità di due realtà che appaiono contrastanti, la desolazione (v. 20) e la nostra redenzione/riscatto (v. 28); e ad ordinare la nostra vita di conseguenza. Queste due realtà però non sono di forza simmetrica; infatti la desolazione di Gerusalemme è temporanea (v. 24), mentre la redenzione è eterna, così come ci ricorda san Paolo: "Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata e eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo su cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili sono eterne" ( 2 Cor 4,17).
Viviamo perciò quest'attesa in maniera feconda, interpretando i tanti segni dolorosi tracciati dagli uomini e dalla natura come gli ultimi colpi di coda del Maligno e come il grido di sofferenza di una natura che aspetta lei pure di essere salvata e alziamo lo sguardo, continuamente, perché davvero la nostra liberazione è vicina!
Fermiamoci dinanzi a questa Parola di salvezza con tanta tranquillità interiore, invochiamo lo Spirito Santo perché ci purifichi e ci faccia camminare per i sentieri di Dio. Il Figlio dell'uomo che viene è il Signore che ci ha amato e ha dato se stesso per noi (cfr. Gal 2,20) e che ci ha amato quando ancora eravamo peccatori (cfr. Rm 5,6ss). Il suo giudizio sarà il perdono ai crocifissori (cfr. Lc 23,34) e l'offerta del paradiso al malfattore (cfr. Lc 23,43). Il nostro giudice infatti è colui che ha detto di amare i nemici, di non giudicare, di non condannare, di perdonare sempre. E' misericordioso come il Padre suo (cfr Lc 6,27-38).
Preghiamo così: Dio nostro Padre che ci ami, aiutaci a non spaventarci e a non scoraggiarci davanti alle contraddizioni del mondo, ma ad alzare lo sguardo in attesa del ritorno nella gloria del Signore e Maestro Gesù.