martedì 20 gennaio 2009

NEL DESERTO LA NOSTRA RISURREZIONE

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Il vangelo di questa giornata, nella memoria di Sant'Agnese, riprende il tema di ieri sulla Signoria di Gesù nel sabato dell'uomo (vedi Mc 3, 1-6). Questa volta, però, Gesù vuole rendere pubblica la sua posizione riguardo a questo giorno sacro per gli ebrei. E' il momento della preghiera nella Sinagoga, il momento dell'incontro con Dio. In questo luogo c'è un uomo con "una mano inaridita". Egli lo chiama e gli dice "Alzati e mettiti nel mezzo". È una scena di suspance: il momento è grave, il confronto è pubblico. Tutti gli occhi sono concentrati su quello che farà il Maestro.
Ma cosa chiede Gesù? Due sono le cose, che nel linguaggio pratico indicano in risveglio della fede, di non essere tonti (anche se qui davanti abbiamo un disabile fisico). Alzati e mettiti in mezzo! Il verbo "alzati" è lo stesso che indica il "risuscitare", lo stesso verbo che usa la Comunità marciana. Il disabile deve "risuscitare", alzarsi, vivere in mezzo ed occupare il suo posto nel centro della comunità! Gli emarginati, gli esclusi, devono vivere in mezzo! Non possono essere esclusi. Devono stare insieme a tutti gli altri! Gesù chiama l'escluso a mettersi in mezzo.
Gli sguardi degli astanti non sono affatto buoni perché, osserva il Vangelo "osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo". Ma Gesù va diritto a ciò che vuole dimostrare rivolgendo alcune domande che zittiscono i farisei.
"È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?" Parole che scalzano ogni possibile risposta, ma non riescono a toccare il cuore di questi uomini, che, dopo il miracolo "..e la sua mano fu risanata", "tennero consiglio contro di lui per farlo morire" (v. 6).
Quant'è grande la superbia di chi si arpiglia su se stesso, di chi non va in cerca dell'Amore, di chi non cerca la risanazione del cuore, delle ferite. Si ritrova sempre a tendere il dito... a giudicare. Ma "guardiamoci bene dal pensare di trovarci in una posizione da cui siamo in grado di giudicare il mondo intero" (M. Delbrêl).
L'uomo che riesce a capire e ad affidarsi al Maestro è il malato, cioè chi fa quell'esperienza di deserto della vita che si trasforma in oasi e, mettendosi nel mezzo, non si vergogna di mostrare il male che l'ha colpito, né il desiderio di guarirlo in un giorno proibito: egli non ha timore delle intenzioni di condanna che serpeggiano nella sinagoga.
E noi, come ci saremmo comportati di fronte a uno che si proclamava Messia, che faceva cose strane, che ribaltava le usanze di sempre ritenute dai più l'espressione di una religiosità austera e profonda?
Facciamo anche noi il nostro deserto, riconosciamoci disabili, malati e preghiamo con queste parole:
Signore, Dio nostro, noi non siamo migliori dei farisei: se qualcuno viene a turbare le usanze del nostro gruppo o le nostre abitudini personali, subito siamo tentati di allontanarlo. Insegnaci a rispettare coloro che lavorano per il bene dell'uomo, anche se la loro azione dovesse sconvolgere i nostri schemi come quella di Gesù quando è passato in mezzo agli uomini, lui, il Cristo, tuo Figlio e nostro Signore.

Preghiamo anche per l'unità dei cristiani usando la seguente preghiera:
O Dio nostro creatore,
il mondo è stato creato dalla tua parola e Tu vedesti che era buono,
ma oggi noi stiamo diffondendo morte e distruzione nell’ambiente.
Concedici il pentimento per la nostra avidità,
aiutaci a rispettare tutto ciò che Tu hai fatto.
Insieme, desideriamo proteggere la tua creazione. Amen.