martedì 10 marzo 2009

CAMMINARE PER AMORE

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Il vangelo di oggi ci propone l'atteggiamento di Gesù, deciso e sereno, mentre annuncia di nuovo (per la terza volta) ai discepoli la sorte dolorosa e gloriosa che lo attenderà a Gerusalemme (vedi Mt 20,17-28). È il terzo annuncio della passione. E ancora una volta i discepoli non capiscono, prendono le distanze da una prospettiva che gli fa paura. Non sono riusciti ad entrare nella mentalità del loro Maestro, continuano a ragionare con le categorie mondane.
Quindi abbiamo un cammino. Anche la quaresima che stiamo celebrando ricorda chia siamo in cammino come un grande viaggio comunitario verso la Pasqua, festa della vita.
A fronte di questo avvenimento di una morte annunciata, appaiono veramente fuori posto i sentimenti di Giacomo, di Giovanni e della loro madre. Ma il bisogno di successo, l'ambizione di occupare un posto di prestigio esiste in ciascuno di noi. Siamo ammalati di protagonismo e attirati dal desiderio di dominare.
Non si possono mettere sul medesimo piano l'amore di Dio che abbraccia l'universo e i meschini interessi umani. Comunque senza indignarsi, come fa sempre con tutti, Gesù cerca di far sapere che ben altro lo aspetta a Gerusalemme e che essi in tale circostanza saranno messi a dura prova.
Ma il cuore non è pronto per capire che la strada del discepolo è condividere la sorte del Maestro. Anzi insistono che tutto potranno fare, perfino bere il calice. Tutto vedono ora e desiderano con occhio umano. Sono veramente ciechi. Siamo ciechi nelle cose di Dio, che ci riguardano, anche se tante volte ripetiamo con gioia: "Lampada ai miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino".
Gli altri dieci non sono da meno. Si sentono prepotentemente scavalcati da questa temeraria iniziativa. L'indignazione degli apostoli offre a Cristo l'occasione di spiegare ulteriormente il significato dell'apostolato. A imitazione del Maestro, chi nella Chiesa è costituito in autorità deve servire come lui ha servito, dando la vita. Qualunque chiamata di Dio non è mai un privilegio, ma un amore che accetta di farsi servizio per gli altri.
Allora l'avvisso che da Gesù, ieri ai discepoli Giacomo e Giovanni, e oggi a noi: "Potete bere il calice che io sto per bere?", esprime una immagine di sofferenza, di angoscia, ed è come se Gesù volesse fare capire che il trono sul quale sta per salire è la croce, quindi i posti a destra e a sinistra non sono confortevoli.
La prospettiva fondamentale della comunità cristiana è la scienza della croce. Una santa carmelitana diceva così: "Soltanto nella dedizione al Crocifisso, soltanto dopo che avrà battuto l'intera via crucis accanto a Lui, l'anima diventa una cosa sola con Cristo giungendo a vivere della sua vita" (Santa Teresa Benedetta della Croce).
Dunque il cambiamento di mentalità, la conversione circa il modo di considerare il potere o la grandezza. La via ce l'ha indicata più volte il Maestro dicendo e vivendo queste parole: "Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti".
Sia la nostra preghiera un riscoprire che siamo in cammino verso la patria celeste. Sia la nostra preghiera l'inizio di un cammino nuovo. Sia questa la nostra preghiera: Signore, con il tuo santo aiuto, fa' che rivoluzioni la mia vita. Tu sei per me il centro della mia esistenza. Servirti amandoti nei miei fratelli sia il mio respiro.