giovedì 23 aprile 2009

Venerdì della II settimana di Pasqua

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Il vedere di Gesù, nel brano odierno, fa da antifona a tutto il brano evangelico (vedi Gv 6,1-15). Nei Vangeli, il vedere, ha un significato profondo in particolare nel pensiero giovanneo. E' lo sguardo che si posa su una folla in difficoltà. E' lo sguardo di Dio richiamato dall'Esodo nel noto episodio della vocazione di Mosè. Dio vede, decide di intervenire e manda. E' un vedere quello di Dio che non si riduce mai a un atto passivo.
Gesù incontra e vede la folla in un disagio. Qui accade il prodigio della moltiplicazione dei pani. Ma l'Evangelista non si vuole soffermare su questo particolare. Per Gesù, il popolo che lo segue e che viene a lui è un'invocazione a mostrarsi come il "pane" che placa ogni fame. L'uomo ha la vita, ma non è la vita. La sua vita non è sua: viene da un altro e si mantiene con altro da sé, con il pane. Non si tratta, però, di un pane che si compra e che si vende, ma di un "pane" che si riceve nella fede. C’è in questo comportamento di Gesù una sapienza sulla quale non dovremmo mai finire di riflettere. Come in tutti i segni miracolosi, tutto comincia dal profondo desiderio che Gesù ha di beneficare e nel medesimo tempo di annunciare dei beni ancora maggiori. Nel caso particolare vuole preparare il cuore dei suoi ascoltatori ad accogliere lui stesso come pane di vita. Più avanti dirà, a conferma di questo, che la manna nel deserto non è stata il pane del cielo, ma sarà lui la vera manna che il Padre manderà dal cielo. Ecco perché Gesù non voleva creare equivoci nelle sue attività prodigiose. E’ la situazione di fede in cui noi tutti ci troviamo. Gesù è venuto per dispensare se stesso per la nostra fame.
In questo episodio, è la forza dell'Amore che compie il miracolo; perché nulla è impossibile all'amore. Quei pani infatti messi nelle mani di Gesù, il compassionevole, bastano per tutti. A differenza dei Sinottici, qui Gesù agisce da solo; è lui che prende i pani, li moltiplica e li distribuisce. C'è un rapporto diretto tra il pastore e le pecore. È stato sufficiente mettere quei pani nelle mani del Signore perché avvenisse il miracolo. Le sue mani non trattengono per sé, sono abituate ad aprirsi, ad essere generose. Il miracolo continua se noi, come quel ragazzo, lasciamo la grettezza dei discepoli e mettiamo nelle mani del Signore i poveri pani d'orzo che possediamo. La folla lo voleva proclamare re. Ma egli fuggì sul monte, da solo. Gesù non vuole svilire l'urgenza del pane, semmai sottolinea la necessità di nutrirsi con un pane eterno: l'amicizia con lui.
Preghiamo così: Signore Gesù, tu hai avuto compassione della folla che ti seguiva e per essa hai moltiplicato gratuitamente il pane. Volgi il tuo sguardo alle folle che anche oggi, in qualsiasi modo, ti seguono, continuando a cercare il "pane della vita". Apri i loro occhi perché possano vedere il tuo dono sovrabbondante e aumenta in loro il desiderio del "pane che non perisce".