mercoledì 27 maggio 2009

Giovedì della VII settimana di Pasqua

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Il vangelo di oggi ci presenta la terza ed ultima parte della Preghiera Sacerdotale, in cui Gesù guarda verso il futuro e manifesta il suo grande desiderio di unità tra di noi, suoi discepoli, e per la permanenza di tutti nell'amore che unifica, poiché senza amore e senza unità non meritiamo credibilità (vedi Gv 17,20-26). Questo è il cuore della Preghiera di Gesù al Padre: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me".
Gesù prega per questo vasto popolo e chiede al Padre che "siano perfetti nell'unità". Sa bene che lo spirito della divisione li annienterebbe. L'unità, quel bisogno di sentirsi in comunione con l'altro, in pace con l'altro, in armonia, non è solo un ideale, ma è già compimento.
La preghiera di Gesù è una preghiera che è già stata esaudita dal Padre. La più grande ed efficace evangelizzazione è l'unità tra i discepoli di Gesù. Oggi si inventano tanti progetti pastorali, tante tecniche di evangelizzazione e a volte ci si scorda che Gesù ci ha già indicato il suo mandato di evangelizzazione: "Essere una cosa sola tra noi, con Gesù, nel Padre perché il mondo creda".
Quello che chiede Gesù è il sogno impossibile: l'unione dei cuori, l'unità come c'è tra Lui e il Padre. Nella storia della Chiesa e nella concretezza della nostra vita parrocchiale, sociale verifichiamo come quest'unità per cui Gesù prega è molto difficile. Unità non significa omologazione, né obbedienza alle direttive del partito, ma accettazione della diversità, uniti nell'unico vangelo. Ed è bello che nelle nostre comunità ci siano tante differenze perché, come ricordava Papa Giovanni XXIII, la Chiesa è come
la fontana del villaggio cui tutti si possono abbeverare.
Possiamo così cogliere non solo il nostro primario impegno di credenti, ma anche l'inevitabile responsabilità che incombe su ciascuno di noi. Siamo ornati di gloria per questo e la nostra gloria consiste nell'essere, perché redenti, figli di Dio, "abbeverati ad un solo Spirito" (1Cor 12,13), resi quindi capaci di amore autentico verso Dio e verso il nostro prossimo, con la perfezione che Egli stesso ci dona. Questa è la via per testimoniare l'amore del Padre per il Figlio e l'amore che Cristo ci ha donato. Il mondo è rimasto ignaro di questa meravigliosa esperienza, ma gli apostoli e tutti coloro che per mezzo loro aderiranno al vangelo, hanno il compito di farla conoscere nel corso dei secoli. È un compito arduo da cui però non possiamo esimerci. E' sicuramente una grande sfida.
Vieni Santo Spirito, Lode a te, dona alla Chiesa e a tutti noi di essere uniti per diventare credibili nell'annunciare il tuo vangelo, Dio benedetto nei secoli!