sabato 16 maggio 2009

VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


La liturgia di questa domenica è tutta incentrata sull’amore. In realtà, tutto il messaggio cristiano, ha nell’amore il suo massimo riferimento, punto di partenza e al contempo di arrivo del messaggio del Signore. Se nei tempi difficili che stiamo vivendo una consolazione è possibile per noi cristiani più interessati alla vita reale di uomini e di donne che vivono l’avventura dell’esistere che non al codice di diritto canonico, ogni consolazione deriva da una certezza che ci anima: saremo giudicati sull’amore. Ed è quanto traspare dalle letture di oggi.
Il comando dell'amore – che apre (v. 12) e chiude il passo evangelico di questa domenica (v. 17) – trova in Gesù il modello, la ragione e la misura. Ed è un amore che esce dal chiuso della comunità e si dilata, missionario, fecondo: spinge a una partenza "perché andiate e portiate frutto".
Nel Vangelo possiamo notare l'antitesi servo/amico, che struttura l'intero passo. Infatti, l'amore di Gesù, modello dell'amore fraterno, è un amore di amicizia, dunque un rapporto confidente fra persone, un dialogo.
Se domenica scorsa e in questi giorni abbiamo ascoltato l'imperativo "rimanete in me", con questo brano troviamo la sua conclusione nell'imperativo "amatevi reciprocamente".
Doroteo di Gaza prova a farcelo capire così: «Cercate di essere uniti gli uni agli altri, perché quanto uno è unito al prossimo, altrettanto è unito a Dio. Voglio darvi un’immagine dei Padri, perché capiate meglio il senso di questa parola. Supponete che per terra ci sia un cerchio, cioè una linea tonda tracciata con un compasso dal centro. Pensate che questo cerchio sia il mondo, il centro del cerchio, Dio, e le linee che vanno dal cerchio al centro, le vie, ossia i modi di vivere degli uomini. In quanto dunque i santi avanzano verso l’interno desiderando di avvicinarsi a Dio, man mano che procedono si avvicinano a Dio e si avvicinano gli uni agli altri, e quanto più si avvicinano l’un l’altro, si avvicinano a Dio» (Insegnamenti spirituali).
Come deve essere allora quest'amore? Non ha il significato delle canzonette. Neanche è da intendere in una interpretazione sentimentale e pia che riduce tutto ad andare in giro con un gran sorriso.
Per Gesù, amare significa dare la vita per i propri amici. Che sono tutti, anche coloro che non conosciamo, che non ci sono simpatici. Anche coloro che ci crocifiggono.
L'amore che Gesù ci chiede è quello del samaritano. Che vede, ha compassione, si fa vicino. Che interviene subito in prima persona: fascia le ferite all'uomo con olio e vino, lo carica sul somaro, lo porta al pronto soccorso, sta con lui fino al giorno dopo. Che si preoccupa della soluzione completa del problema. Con questo amore – che non si realizza come per miracolo, ma va coltivato, ricercato, pregato, potremo davvero dire, insieme con Giovanni, “amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1 Gv 4,77-8).
Questo ci comanda Gesù. Con tutti. Ogni giorno. Dovunque!



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