lunedì 16 novembre 2009

17 Novembre: Santa Elisabetta di Ungheria

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!



Celebriamo oggi la memoria di Santa Elisabetta di Ungheria e, mentre celebriamo il ricordo della santa continua il cammino di Gesù. Continua il suo passaggio dalla nostra vita. Questa volta siamo a Gerico e l'incontro si fa intenso con un uomo di nome Zaccheo (vedi Lc 19,1-10).
La scena si presenta commovente, ricca di perdono e di intimità: la conversione di Zaccheo, uomo ricco, capo dei pubblicani, collaboratore con la potenza occupante, disprezzato dai suoi compatrioti che lo consideravano un peccatore. Zaccheo era anche un uomo irrequieto e confuso, cosciente della sua vita irregolare; forse aveva anche desiderato uscirne, ma cambiare esige sempre una scelta ardua.
Anche oggi se volessimo cambiare la scelta rimarrebbe ancora difficile. Perché anche noi, come Zaccheo siamo spinti da una certa inquietitudine. Siamo ammantati di religiosità reagendo come la gente che, attratta più dal sensazionale che avvolgeva la persona del Maestro, si spintonava per vederlo toccarlo, ma poi tornare a casa propria chiudendo accuratamente la porta dietro di sé con tutte le paure e insicurezze. Ci ritroviamo nei panni di Zaccheo, il pubblicano, cioè il peccatore, con la sensazione della propria indegnità e un’incontentabile nostalgia di Lui.
Chissà quale fanatismo pervade le nostre coscienze per cercare di "vedere" o "incontrare" Gesù...Nella nostra mente e nel nostro cuore c'è più confusione che persuasione. Siamo ancora nella cecità e al minimo dubbio diciamo: Ma Dio dov’è? Chi è? Perché non mi mostra il suo volto? Perché non mi sottrae a questa pesantezza che mi opprime? Come del resto pensare seriamente sulla propria religiosità: Perché credo? In chi credo? Ma l’ho mai incontrato? È il richiamo profondo a prendere seriamente la vita in tutti i suoi risvolti, cominciando dalla chiave di volta della fede. Zaccheo fa anche questo tentativo nella sua vita per poter dare un risvolto alla sua esistenza. Infatti, "viviamo molto al di fuori di noi stessi. Sono pochi gli uomini che veramente entrano in se stessi e per questo ci sono tanti problemi. Nel cuore di ciascun essere umano c’è come una piccola cella, intima, dove Dio scende a parlare da solo con l’uomo. Ed è lì dove la persona decide il proprio destino, il proprio ruolo nel mondo" (Oscar Romero).
Sull'esempio di Zaccheo, noi non abbiamo bisogno di salire su una pianta, ma puntare il nostro sguardo verso l'Alto per concedersi spazi di silenzio e di solitudine per ritrovare se stessi e, nelle profondità del nostro essere, Lui che silenziosamente ci abita. Anche perché ancora una volta, il Signore Gesù passa e passando sta dicendo a ciascuno: oggi, devo fermarmi a casa tua!
Ritagliamoci il nostro spazio e preghiamo così (o con parole simili): Signore, vieni nella mia casa, chiamami per nome, dimmi le tue parole di conforto e di incoraggiamento. Aiutami a diventare nuovo ogni giorno, per poter incontrare le sorelle ed i fratelli che mi circondano con cuore nuovo.