lunedì 15 febbraio 2010

Martedì della VI settimana del Tempo Ordinario

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Quanto è difficile entrare nel pensiero di Gesù! Nel Vangelo troviamo i discepoli talmente immersi nei pensieri terra-terra di ogni giorno, che non riescono a penetrare nelle severe parole di Gesù e continuano a manifestarsi l'un l'altro le loro preoccupazioni (vedi Mc 8,14-21).
Gesù interviene e parla loro in tono di rimprovero come non aveva mai fatto prima. Il suo linguaggio è duro, ma pure loro hanno "il cuore indurito". Anche di fronte alla memoria dei recenti prodigi di cui sono stati testimoni, i loro occhi e le loro orecchie non si sono aperti.
Quello che Gesù vuole è che i suoi si aprano su più ampi orizzonti, in piena fiducia. È forse mancato il pane quando Egli l’ha moltiplicato là, nell’erba verde? E perché se ne sono già dimenticati?
L’opacità dello sguardo interiore, la sordità dell’anima e soprattutto quell’indurimento del cuore che chiude la persona dentro le preoccupazioni e gli affanni della vita: questo è male. Senza un continuo respiro di speranza, senza fiducia, e senza memoria di Dio e dei suoi grandi, continui benefici la vita infatti diventa pesante, e perde quel mordente che ci rende insolubili e stabili: si perde di significato. Per questo Gesù rimprovera i discepoli.
Ma non si accontenta e da buon pedagogo ci rimanda alla nostra esperienza passata.
Anche nella Bibbia succede la stessa cosa. Come il ricordo dei benefici d'un tempo provocava Israele a uscire dal suo torpore e a tornare a Dio (cfr. Sal 77,4.6.12.13; 105,5), così la memoria di quello che i discepoli (noi) avevano fatto, distribuendo alle folle il pane che sazia in abbondanza, può richiamarli alla loro responsabilità e aiutarli a capire finalmente chi egli sia.
La Parola di oggi ci richiama ad un esame profondo del nostro cuore e capire fino a che punto vediamo. Siamo come il cieco che scambia gli uomini per alberi.
Anche noi, spesso, di fronte al mistero di Dio, che si manifesta attraverso gli eventi della nostra vita, siamo in stato confusionale, ne percepiamo le ambiguità, i controsensi. Ci è difficile cogliere la luce della speranza, scorgere lo sguardo di tenerezza di un Dio vicino.
Penso che sia il caso di soffermarmi a cogliere, oltre ai segni di morte presenti nell'oggi, il richiamo di Dio che mi invita a rinascere e collaborare con Lui.
Quante volte, Signore, leggo la tua Parola come qualcosa che non ci riguarda più o al massimo che tocca gli altri: i "peccatori". E non prendo atto del "caos" di cui io sono causa con le piccole "violenze" di ogni giorno. Sì, mio Dio, sono troppo facile a passare sopra a certi miei atti di prepotenza, al mio voler imporre a ogni costo la mia volontà, il mio pensiero... Perdonami e aiutami a farmi promotore di vita.