martedì 18 maggio 2010

Mercoledì della VII settimana di Pasqua

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Continua la preghiera sacerdotale iniziata ieri. Nel Vangelo odierno, il Signore prega per i suoi discepoli (vedi Gv 17,11-19).
Gesù prega il Padre per gli amici che sta per lasciare nel mondo e aggiunge che lo scopo della sua preghiera è favorire la gioia piena dei discepoli. Per essi il sapersi affidati al nome paterno di Dio, alle mani forti e amorose del Padre, deve essere fonte di gioia perfetta e di pace profonda.
Gesù teme per loro, perché sa che le asprezze della vita mettono continuamente in discussione il Vangelo, cercando di farlo apparire come qualcosa di inutile o impossibile da vivere. Sa che la tentazione di camminare per conto proprio rende deboli quegli uomini appena la violenza omicida lo separerà da loro. Ecco perché chiede al Padre che siano preservati da quell'insidioso perseguire la perdizione degli uomini, che è la strategia del maligno.
Il vero seguace di Gesù vive nel mondo, è incarnato nella storia; anzi, è chiamato ad esservi come il lievito buono nella pasta, come il sale che dà sapore alla società in cui vive. Quel che conta è però che il vero seguace di Gesù "non appartiene al mondo", cioè alle sue logiche, alle sue mire, ai suoi calcoli, alle sue violenze più o meno palesi: tutto un groviglio, un modo d'essere contrassegnato dall'egoismo e dall'orgoglio: dal male.
Gesù non appartiene al mondo e ha detto che non prega per il mondo. Il Signore è certo che la vittoria definitiva sta nel consacrare la propria vita per loro, cioè nel rifiutare la logica del vivere per salvare se stessi, come gli grideranno in tanti sulla croce, per offrirla per gli altri.
Siamo nella novena di Pentecoste. Fermiamoci in preghiera invocando lo Spirito di verità. A lui chiediamo di essere guidati alla "verità tutta intera", decisi a uscire dalla mondanità.
A lui chiediamo di abbandonarci con la semplicità del bambino del Regno al Padre, perché possiamo vivere "consacrati nella verità" di questo suo amore senza sponde, eliminando da noi quello che non è amore.