lunedì 11 ottobre 2010

Martedì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Il brano evangelico (vedi Lc 11,37-41) posto alla nostra riflessione in questo martedì, mi fa pensare subito al nostro modo di fare. Al nostro modo sospettoso di guardare gli altri. Al nostro desiderio di apparire; con quella voglia di mostrare e la tentazione di far vedere. Tutto un modo per lasciarsi abbindolare dai messaggi dell'esteriorità del vivere, senza mai vivere in verità, in giustizia e sopratutto in pace.
La scena evangelica ruota attorno a una tavola, a un pranzo. Invitare a pranzo significa creare un rapporto di amicizia e di confronto, nella serenità.
Eppure, quel fariseo che invita Gesù sta a osservare come il suo invitato non assolve alle usanze, più che incontrare la sua persona.
Nel nostro mangiare insieme a tavola l'esteriorità ha preso il sopravvento: non tanto nel rito del lavarsi le mani (qualche volta ci andiamo anche con le mani sporche), come era solito fare quel fariseo che invitò Gesù, ma nelle parole, nei pensieri e nelle azioni: solo esteriorità, che mostra pulizia e ordine perfetto fuori, ma che nasconde spesso il disordine e la poca interiorità e verità.
Il lavarsi le mani, una buona usanza socio-culturale in favore dell’igiene, era precettata dalla Legge mosaica. Gesù qui la disattende per evidenziare il primato dell’interiorità e dell’amore. “Voi purificate l’esterno, ma il vostro interno è pieno di rapina”. Non solo; vuole insegnarci che il segreto dell’essere interiormente mondi collima col praticare il cuore della Legge che è la carità.
Gesù vuole ricondurci al cuore. Quello che conta è ciò che si ha nel cuore. A nulla vale osservare dei riti se poi si trasgredisce la giustizia e si è lontani dall'amore. Gesù esorta a "dare in elemosina quel che c'è dentro", ossia a dare al mondo l'amore che è stato riversato nei nostri cuori. La ricchezza del discepolo non è la molteplicità dei riti che pratica, bensì avere un cuore misericordioso e pronto all'amore. Questo lo libera dai "guai" che si abbattono su coloro che amano solo se stessi e il proprio protagonismo.
Ascoltiamo allora il consiglio di Gesù: cominciamo col rimuovere l'amara radice di una ostentata giustizia. Riconosciamo che solo Dio è santo e a lui solo spetta la lode e la gloria. Avvolgiamo di misericordia chi sbaglia e fermiamoci riverenti e timorosi alla soglia della coscienza del nostro prossimo, di cui Dio solo è giudice. E saremo giustificati da Colui che scruta i cuori.
Preghiamo così: Purifica tu stesso, Signore, le profondità del mio cuore, perché tutto in me sia riflesso della tua luce.