venerdì 29 ottobre 2010

Sabato della XXX settimana del Tempo Ordinario

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Siamo ancora tavola con Gesù. La tavola è il luogo che ci accomuna, dove vive (o dovrebbe vivere) l'amore, la fraternità. In questo luogo amato da Dio Gesù è presente (vedi Lc 14,1.7-11) e osserva come gli invitati ricerchino i primi posti.
Ricercare i primi posti è una corsa della vita comune per mettersi in mostra. Tutti, cominciando da noi stessi, ne abbiamo esperienza.
Di fronte a questa gara individuale nei confronti degli altri, Gesù propose loro con la parabola degli invitati a nozze di scegliere gli ultimi posti; così che "venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato".
Le parole di Gesù che esortano ad astenersi dal cercare il primo posto non sono semplicemente una esortazione di buon galateo (mi capitò di ascoltare una signora che al mio invito in chiesa mi rispose in questi toni); è invece la rivelazione del giudizio di Dio, che valuta in modo opposto al nostro.
Nel vangelo odierno, Gesù insegna a scegliere l'ultimo posto come Lui stesso ha fatto: si è fatto servo di tutti e si è umiliato. Suoi amici sono quanti fanno altrettanto. Chi si riconosce peccatore e umile viene esaltato da Dio, chi invece pretende riconoscimenti e primi posti rischia di autoescludersi dal banchetto. E' questa umiltà che ritornerà al banchetto nuziale, che umilia il superbo e innalza l'umile e l'umiltà non è quel viscido, ipocrita atteggiamento di dire male di sé ma pensando di essere migliore degli altri. Questa è solo paura del giudizio altrui, paura di conoscersi e di amarsi come si è, e un dispettoso confrontarsi con gli altri. Solo l'umile dà gloria a Dio e riceve da lui gloria. Il superbo invece dà gloria al proprio io e resiste a Dio. L'ultimo è il posto di Dio: lì troveremo Gesù, nostro Maestro.
Questo è il motivo per cui Dio ama gli ultimi. Solo questi partecipano al banchetto del Regno, che la misericordia del Padre imbandisce per il figlio perduto e ora ritrovato.