giovedì 11 novembre 2010

12 Novembre. SAN GIOSAFAT

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Celebriamo la festa di san Giosafat, un uomo di Dio che si adoperò per la promozione religiosa e sociale dei popoli e per l'unità dei cristiani.
Il vangelo di oggi continua la riflessione sulla venuta della fine dei tempi e ci presenta parole di Gesù su come prepararsi per la venuta del Regno (vedi Lc 17,26-37).
la Parola di DIo ci fa capire quanto sia facile per noi cadere nella dimenticanza di Dio! Basta guardare la nostra vita di tutti i giorni, distratti o presi dalla frenesia del tempo che non permette di portare a termine un lavoro o qualche altra cosa.
Gesù ci riporta ai tempi di Noè, di Lot perché è storia di sempre. Ancora oggi negli avvenimenti di oggi siamo ancora impreparati e distratti circa i segni divini.
Ciò che serve rilevare nel discorso di Gesù è l'evidente contrasto tra la sua signoria e la vita degli uomini, completamente sganciata dalla sua.
La rivelazione e la manifestazione del Cristo risorto può sopraggiungere in ogni istante e dobbiamo perciò tenerci pronti all'inevitabile ed insindacabile giudizio divino. Da qui l'esortazione a non guardarsi indietro (cfr. Gn 19,17; Lc 9,62), verso i beni terreni che i cristiani dovrebbero aver lasciati, ma a essere pronti a lasciar tutto. Accade un po' come quando andiamo al mare senza essere capaci di nuotare: ci si accontenta di andare in acqua fin dove tocca; a forza però di volgersi indietro, per paura di allontanarsi troppo dalla riva, si perde il più bello, che sta nel nuotare al largo e si rimane come paralizzati a pochi metri dalla spiaggia.
Nella vita di ogni giorno ci capita, appunto, la stessa cosa. Spesso e volentieri noi ci volgiamo indietro: magari perché rimpiangiamo il passato; oppure perché non siamo capaci di portare a termine l'opera che stiamo compiendo; o ancora perché abbiamo paura di sbagliare. In ogni caso, il risultato è uguale: rimaniamo infatti paralizzati, rigidi come una statua di sale, incapaci di vivere in pienezza. Eppure non si può andare tutta la vita soltanto fin dove tocca, sempre rivolti indietro. Gesù lo sapeva bene, al punto che "si diresse decisamente verso Gerusalemme".
Gesù oggi ci dice che i suoi collaboratori sono coloro i quali dirigono lo sguardo fisso alla meta. A un certo punto della vita, anche Paolo non ha più tergiversato: “Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo…Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta” (Fil 3,8-13).
La trama di ogni giorno è il luogo della salvezza di Dio. Basta viverla con il lievito del Regno. Il regno del Signore avviene dove e quando l'uomo orienta la propria vita secondo il giudizio di Dio. E' nell'amore che troviamo la nostra vita e che siamo pronti a "perderla" per Gesù e per il prossimo.
Rivisitiamo la nostra vita per vedere se viviamo per noi stessi o per Dio. Se siamo al servizio degli altri o solo del proprio ego.