giovedì 18 novembre 2010

Giovedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Siamo nei pressi di Gerusalemme, nel luogo dove oggi è descritto per i pellegrini il "Dominus flevit".
L'evangelista Luca col brano odierno (vedi Lc 19,41-44) non fa altro che far avverare quanto Dio disse per bocca di Geremia: "Tu riferirai questa parola: i miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la vergine, figlia del mio popolo, da una ferita mortale" (Ger 14,17).
Perchè Gesù pianse? Forse è facile capirlo, ma di certo il suo pianto nasconde un profondo mistero. In quel pianto vi è una impotenza, perché bastava comprendere quello che porta alla pace! In questo suo pianto, Gesù invita i gerosolomitani alla penitenza perché non hanno "riconosciuto il tempo in cui sono stati visitati". Infatti, non tutti accolgono l'offerta salvifica di Gesù.
Anche oggi spesso rifiutiamo la visita di Dio, perché pensiamo alla salvezza fisica dalle cose, dalla malattia: la sopravvivenza, e non pensiamo a continuare a vivere in paradiso con Cristo. E' la cecità spirituale che impedisce questa visita di Dio, di Gesù nella nostra vita e nella nostra storia. E la cecità spirituale è un autocondannarsi, rimane solo il pianto di chi poteva fare qualcosa: se tu avvessi riconosciuto!
Si rinnovano quindi le parole del profeta: "Tu mi hai respinto - oracolo del Signore -,
mi hai voltato le spalle e io ho steso la mano su di te per annientarti; sono stanco di pentirmi" (Ger 15,6).

Preghiamo così: O Dio che ci hai inviato il tuo Spirito, fuoco ardente di carità, riscalda il nostro cuore perché non si chiuda agli impulsi della tua grazia, ma viva sempre nell'ascolto e nella testimonianza dei tuoi insegnamenti.