venerdì 5 novembre 2010

Sabato della XXXI settimana del Tempo Ordinario

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


In questo sabato stiamo leggendo (o ascoltando) la continuazione del brano del fattore infedele.

Nel brano evangelico (vedi Lc 16,9-15), abbiamo parole e frasi isolate, di cui non conosciamo l'esatto contesto in cui furono pronunciate. Sono parole messe qui dall'Evangelista per formare una piccola comunità attorno all'uso corretto dei beni di questa vita e per aiutare a capire meglio il senso della parabola dell'amministratore disonesto (o infedele; vv. 1-8).
Gesù contrappone all'amministratore infedele il discepolo fedele: se il primo traffica con "ricchezze ingiuste", il discepolo è chiamato ad amministrare i beni veri, le ricchezze vere, che sono quelle che riguardano Dio.
Questa fedeltà è una custodia piena di attenzione e cura scrupolosa. Non solo, il discepolo che vuol essere fedele, deve essere anche astuto anche con i beni di questo mondo per guadagnarsi il futuro nel regno dei cieli.
La bramosia smodata che spinge all'accumulo indebito di beni di ogni genere, al fine di garantirsi sicurezza prestigio potere, si oppone decisamente alla signoria di Dio. Ecco allora fronteggiarsi Dio e mammona: l'umile riconoscimento della propria radicale dipendenza da Colui che solo può salvare, e l'orgogliosa, ma inconsistente, pretesa di "salvarsi" con le proprie forze.
La Parola di Dio, in conclusione, ci fa prendere una decisione: l'inderogabile decisione a prendere posizione, a scegliere. Non posso servire Dio e servire la ricchezza, ossia di scambiarla con il bene supremo è appunto idolatria (mammona). Servire Dio, essere suoi servi, significa "regnare". Sì, regno, cioè domino, indirizzando al bene, tutto quello che è in me, e quanto mi sta attorno.
Lasciamo che lo Spirito Santo ci purifichi, che ci liberi da ogni idolatria e ci conceda di servire Dio e i suoi progetti d'amore.