sabato 17 marzo 2012

IV DOMENICA DI QUARESIMA - LAETARE (ANNO B)


 
2Cr 36,14-16.19-23


Sal 136


Ef 2,4-10


Gv 3,14-21: Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui. 





ACTIO
Vivi con gioia nel tuo cuore e nella vita quotidiana questa Parola:
"Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2,20)



PER LA LETTURA SPIRITUALE

Gesù è davvero venuto per patire, però il suo ideale non è la croce, ma l'ubbidienza, cioè quel modo di vivere il rapporto con il Padre suo, di testimoniarlo andando fino in fondo, non tirandosi indietro di fronte ad alcuna difficoltà, neppure di fronte all'interrogativo più drammatico della sua vita. L'ideale di Gesù è uno solo: l'ubbidienza, un'ubbidienza che non termina alla morte, perchè chi muore in quel modo non può non finire nella risurrezione. L'ubbidienza ha poi, come contenuto, il dono di se stesso per noi, la donazione di Gesù a noi. L'ideale di Gesù non è il dolore. 
La croce di Gesù è dunque una parola solo per il dolore dell'uomo che, volendo realizzare l'ideale di bene, di giustizia, di virtù incontra e subisce la contraddizione? O non è anche una parola per il dolore umano in tutti i suoi aspetti, per il dolore quando non è cercato, quando non è voluto, quando è subìto, quando sembra capitare in una maniera sconclusionata? La risposta è unica: la croce del Signore è una parola per tutto il dolore dell'uomo. Il cristiano, allora, non dice: abbiamo il dolore, e anche Gesù ha patito. Ha imparato piuttosto  a compiere una diversa operazione. Ha imparato che è la croce di Gesù, è quel suo dolore, il nome che si deve dare anche al dolore dell'uomo. Il cristiano guarda il crocifisso, vede il dolore di Gesù e dice: questo dolore è una parola per il dolore dell'uomo, che non può avere altro nome che il nome della croce. Se riducessimo la croce di Gesù ad un caso particolare di dolore del mondo, non cambierebbe nulla. Dare il nome significa riconoscere la possibilità di un senso. Vivere ha un significato anche se ha in sè il dolore. La risurrezione di Cristo me lo richiama in quanto è l'esito di un patire e di un morire che non ha messo in discussione il senso della vita. 
Questa è la pretesa del cristiano che, di fronte al dolore, lo chiama croce: la pretesa che questa realtà, così difficile e misteriosa, abbia in sè una possibilità di senso (G. MOIOLI, La parola della croce, Viboldone 1987, 51-54, passim).


PREGHIAMO
O Padre, che per mezzo del tuo Figlio operi mirabilmente la nostra redenzione, concedi al popolo cristiano di affrettarsi con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina.
Per 
Cristo nostro Signore. Amen. 


* l'immagine è di Don Mauro Manzoni