Ancora una volta, in
questo mese di novembre, vogliamo ricordare Tutti i Santi e questa volta quelli
del Carmelo. Un modo per fermarsi nuovamente a pensare la santità, un modo per viverla con coloro che già l’hanno vissuta prima di noi al Carmelo.
Sono tanti, per questo la liturgia ci permette ogni volta di allargare il
nostro orizzonte.
Questa festa ci
ricorda che la nostra vita è fatta di tanti incontri, di tanti volti – nessuno
cammina da solo – di tanti santi che ci hanno accompagnato.
Il Salmo
responsoriale, rispondendo alla prima lettura tratta dalla Lettera di San Paolo ai cristiani di Roma, ci pone una
domanda: chi salirà il monte del Signore?
La domanda ci
prospetta un cammino, un cammino in salita. È il cammino della santità
programmato nel giorno del nostro Battesimo. Ciò significa fatica e non vivere
come “cristiani della poltrona”, direbbe Papa Francesco, di non accontentarsi
di una vita mediocre, superficiale.
I nostri santi ci
insegnano che bisogna trovare, scegliere un mezzo per essere santi. Santa
Teresa di Lisieux parla di quella piccola via nuova, cerca il suo “ascensore”
per arrivare a Gesù perché è troppo piccola per salire la faticosa scala della
perfezione e non si tira indietro come spesso facciamo noi.
Infatti, quando parliamo di
fatica, all'improvviso tutti ci ritroviamo seduti, tutti stiamo male, tutti ci
tiriamo indietro. Questo purtroppo, impedisce l’incontro con Dio, impedisce la
ricerca di Dio.
Eppure la santità ha
molteplici volti, come molti volti ha questa città, questa nostra terra e
quindi, esiste una santità adatta alla vocazione di ciascuno.
Vivere la santità
significa vivere la vita di tutti i giorni in movimento, guidati dallo Spirito del Signore
per incarnarlo nella propria storia, nella propria vita, sapendo che niente ci
separerà dal suo amore.
Il volto di Dio va
cercato nella vita di tutti i giorni e in tutti i volti. Diceva Sant’Ireneo: “Gesù
non rifiutava né oltrepassava la natura umana, né aboliva in se stesso la legge
del genere umano, ma santificava ogni età per la somiglianza che ciascuna aveva
con lui: infanti, fanciulli, ragazzi, giovani e adulti. Per questo è passato
attraverso ogni età”.
Qui sta la bellezza
che salverà il mondo che è un continuo lasciarsi portare in semplicità, in
umiltà e non come in una fiction!
Lui è amore e la sua
santità è stata inchiodata sulla croce del Figlio. Ed è in questa croce che
ogni vocazione trova il riflesso della sua santità, come in un abbraccio.
Tanti hanno vissuto
quest’amore misericordioso di Dio e tanti son saliti al suo santo monte; ognuno
con le proprie forze, con i propri limiti. Con loro dobbiamo sentirci un unico
corpo (credo la comunione dei santi, professiamo). “Noi non siamo soli, ma
avvolti da una grande nuvola di testimoni” (Eb 12,1), con loro formiamo il
corpo di Cristo, con loro siamo i figli di Dio, con loro saremo una cosa sola
con il Figlio.
Essi sono il popolo
delle beatitudini insegnano che la vita dei veri discepoli di Gesù più che una
serie di cose da fare è un modo di essere: essere fedeli a Dio sopra ogni cosa,
essere misericordiosi, essere miti, essere tessitori di pace, essere limpidi
nel cuore, essere forti nelle avversità come sono stati loro: generazione che ha cercato il volto di Dio e che ora vivono
nella moltitudine immensa dei santi.
(Letture: Rm 8,28-39; Sl 24; Mt 5,1-12)