ACCOGLIERE LA MONETA DELLA SUA MISERICORDIA
Questa domenica, dopo la correzione fraterna e il perdono, Gesù restando sulla stessa lunghezza d’onda, parla di tutti noi, raccontandoci la parabola sul Regno dei cieli facendolo somigliare a un padrone che esce di casa per assumere lavoratori per la sua vigna.
In questo suo racconto, la cosa inusuale e che sorprende è che questo padrone ha assunto braccianti dall'alba al tramonto, dando a ciascuno la stessa paga: un denaro, l’intera paga giornaliera.
Che ingiustizia diremmo noi!!! Perché gli ultimi per noi hanno bighellonato, non se lo meritano, mentre i primi hanno faticato dalla prima ora. Qui nasce l’invidia e anche battaglie stupide. Dentro di noi vige uno "sguardo ostile" verso l'altro che ci rende ciechi verso il bene altrui, a causa dell’io che prevale sempre. Non siamo capaci di guardarci dentro. Non siamo umili. Continuiamo a guardare l'altro con sospetto e continuiamo, in questo modo, ad avere una coscienza divisa, corrotta, inquinata vivendo, anche inconsciamente, la malattia dell’io o dell’essere primo.
Anche questa domenica la Parola ci disturba, ci inquieta perché ci pone il solito interrogativo per capire se è accettabile il modo di fare del padrone della vigna, in altre parole critichiamo la sua bontà., pur di far prevalere il nostro io. In questo momento quel denaro disturba. Si fa fatica ad accogliere, perché continuiamo a pensare “secondo gli uomini e non secondo Dio” (Mt 8,33).
Ecco il nostro mondo farisaico che va contro Gesù, va contro colui che pensavano che operasse la giustizia e invece fa tutto l'opposto operando un altro genere di giustizia lontano dal nostro modo di pensare e di agire. Ma chiediamoci: il Vangelo è lieta/buona notizia e se è lieta, buona notizia come può disturbarci? Come può disturbarci la salvezza di Dio che raggiunge i cuori nelle varie stagioni della vita?
Purtroppo, il problema di fondo è la stessa domanda che troviamo nel Vangelo "sei tu invidioso perché io sono buono?".
Noi siamo invidiosi di vedere Gesù dalle “maniche larghe e lunghe”. Siamo invidiosi di quest’atteggiamento pieno di bontà del padrone.
Purtroppo, ancora oggi, noi vogliamo prendere il posto di Dio ma senza viscere di misericordia e fare in modo che Dio faccia quello che gli diciamo, anche “terrorizzando” chi ci sta intorno, mormorando e facendo uso dei social per trovare più like possibili alla propria sindrome. Forse non ci accorgiamo, ma i primi ad essere disturbati da Gesù siamo proprio noi che ci definiamo cristiani perfetti. Ecco perché Gesù mette a soqquadro i nostri criteri di valutazione, di retribuzione equa, di giustizia sociale, di merito.
Se ci facciamo caso, gli operai della parabola – quelli che inscenano la mormorazione sulla parità dei salari – non si lamentano perché la paga è insufficiente a vivere dignitosamente, cioè “a misura d’uomo”. Ma si lamentano, invece, perché è dato ad altri come a loro. Essi hanno il gusto borghese del dislivello economico: per star bene bisogna che qualcuno stia peggio di loro. Forse non abbiamo capito che per stare bene bisogna sentirsi non giudicati, non in competizione, non meglio o peggio di qualcun altro. Bisogna sentirsi accettati nella propria soggettività e riconosciuti ed amati in quanto persone.
Quante volte ci mettiamo a giudicare l’altro per quello che sentiamo dire di lui, scartandolo così dalla misericordia del Padre? e magari ci arrabbiamo col sacerdote che in quel momento si sta comportando come si comporterebbe Gesù e poi torniamo a mani giunte e fare la comunione eucaristica, quando proprio in quel momento non sono in comunione con l’amore di Dio ma semplicemente siamo in contrasto fra il nostro occhio malato e la sua bontà.
Il Padre, infatti, non fa quello che desideriamo noi o quello che gli passa per primo per la testa, ma ciò che è giusto: "vi darò quello che è giusto". Il Padre si comporta secondo l’etica della bontà, mentre l’incauto liberista segue l’etica dell’invidia e il “giusto” di cui parla è Cristo Gesù. Egli ci dona la salvezza attraverso Cristo Gesù.
In questa “vigna” c'è spazio per tutti, la conversione è per tutti, perché lo spazio della vigna siamo noi stessi e l’ultimo non è da scartare perché in quell’ultimo ci siamo noi, l’ultimo è il primo ad entrare nel Regno dei cieli. Il primo è sempre Gesù che sempre mostra la passione infinita di Dio nel cercarci continuamente. È inutile essere invidiosi, sentirsi primi, mettere al centro il proprio io, c'è la necessità di educarci a vedere l'altro in maniera diversa, assumendo il modo di vedere di Cristo Gesù, interiorizzando il suo sguardo che è sguardo di amore verso l'altro.
La chiave per capire il messaggio della parabola è questo: rinunciare ad essere grandi o primi per diventare ultimi o piccoli, accettare che l'ultimo riceva quanto il primo, accogliere Dio che viene a dilatare gli spazi del nostro cuore. Il Regno è un dono gratuito, una grazia da accogliere e che Gesù è venuto a portare donando a tutti l’amore salvifico del Padre, mostrando le sue viscere di misericordia, di compassione.
Tutti siamo chiamati ad accogliere la moneta della sua misericordia, della sua salvezza per trovare in Lui il senso ultimo e pieno della propria vita.
Sentiamoci amati da Dio, amiamoci e amiamo!
Buona domenica nel Signore a tutti voi!
immagine: http://blogs.paxtv.org/toques/archivo/450-%C2%ABlos-%C3%BAltimos-ser%C3%A1n-los-primeros%C2%BB