mercoledì 29 ottobre 2025

COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI (Messa I)

VEDERE E CREDERE PER LA VITA ETERNA



Siamo nella XXXI domenica del Tempo Ordinario e quest’anno la liturgia ci fa celebrare il ricordo dei fedeli defunti.
Questo è qualcosa di molto bello, perché vogliamo tenere vivo un qualcosa del passato, anche se non torna indietro. E noi celebriamo questa commemorazione, oggi, domenica, “nel giorno in cui Cristo ha vinto la morte e ci ha resi partecipi della sua vita immortale” (dalla Liturgia).
Il Vangelo che ascoltiamo (o che abbiamo ascoltato) non parla della morte, ma della vita. Del resto dalla prima lettura abbiamo appreso da Giobbe: «Il mio Redentore è vivo. Ultimo si ergerà sulla polvere. Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso» (Gb 19,1.23-27a).
Parole che professano la propria fede nella resurrezione, parole che parlano di vita eterna e, in queste parole, tutti noi abbiamo un modello di speranza. Forse facciamo fatica a comprendere tutto questo, però possiamo arrivarci. Pensiamo alla parola cimitero che significa “il luogo del riposo”. Infatti, dai primi tempi della Chiesa i cimiteri sono pensati come i luoghi del riposo nell'attesa della risurrezione.
Dormire è un'immagine molto povera, Gesù stesso ne ha fatto uso di quest’immagine quando ha detto ai discepoli: Lazzaro non è morto ma dorme (cf. Gv 11,11). Per Gesù, infatti, morte è un sonno e dal sonno ci si risveglia. Anche Paolo riprende la stessa immagine quando scrive ai Tessalonicesi che erano preoccupati della sorte dei loro defunti e dice loro: Fratelli, non vogliamo lasciarvi nell'ignoranza riguardo a coloro che si sono addormentati, la traduzione della Bibbia dice coloro che sono morti, ma Paolo non ha detto morti, coloro che si sono addormentati, perché non vogliamo che siate tristi come coloro che non hanno speranza (1Tes 4,13). Quindi possiamo capire che la parola “riposo” ci aiuta a comprendere che il cimitero non è un luogo di fine ma di transito. Ieri, primo novembre, abbiamo celebrato tutti i santi. Di loro noi ricordiamo, di volta in volta, il giorno della morte, del loro transito ed è per questo transito che preghiamo per i defunti con una preghiera comune a tutti: l’eterno riposo. Ecco, tutto questo ci fa pensare alla vita eterna.
Arriviamo al nostro brano evangelico, messo nel contesto di un grande discorso che Gesù fa a Cafarnao dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Esso parla della missione di Gesù che è venuto per portare un altro pane, quello che alimenta la vita che non perisce, la vita eterna. Questo ci fa pensare anzitutto al grande amore che Dio ha per ciascuno di noi, di quanto siamo preziosi ai suoi occhi (cf. Is 43), per questo l’Evangelista oggi sottolinea per noi la volontà benevola del Padre, che invia il Figlio nel mondo per renderci partecipi della sua stessa vita. Non è dunque la morte a pronunciare l'ultima parola sulla storia del mondo, ma Dio per mezzo del suo Figlio che svela la volontà del Padre: che tutti siano salvati, perché il Figlio non può perdere nessuno di quelli che il Padre gli ha affidato.
Due sono i verbi da vivere: “vedere” e “credere”, due verbi che ci accompagnano nel cammino di fede. Il primo ci dice che il vedere il Figlio è una esperienza che possiamo concretizzare nell’ascolto della Parola, che non è un semplice contemplare Gesù, ma un fare della Parola vita della nostra vita.
Il secondo verbo, “credere”, ci fa dire che alla base ci sta anche un rifiuto. Del resto, Gesù non obbliga nessuno a seguirlo, anche se ama tutti indistintamente. Il verbo vuole indicare l’atteggiamento di chi si fida e di chi si affida. Credere in Gesù, significa vivere ogni giorno quell'amore che lui stesso ha vissuto in modo pieno verso Dio e i nostri fratelli. Credere in Gesù è l’unica via di accesso alla vita eterna.
Con questi verbi, “vedere” e “credere”, siamo chiamati a vivere la bella esperienza dell’amore di Gesù, che è per tutti, anche per il più miserabile e peccatore degli uomini. “Vivere d’amore è tenere in custodia Te stesso, Verbo increato, Parola del mio Dio” diceva santa Teresa di Gesù Bambino. Questo era per lei credere nella eterna.
Oggi, dall’esperienza della morte, dove la fede in quel momento buio fa fatica a parlare al nostro cuore, proviamo ad avere uno sguardo oltre l’orizzonte, come l’ebbe Giobbe, verso l’orizzonte infinito di Dio. Possiamo imparare dalle nostre sofferenze, dalla morte dei nostri cari, da una morte che non ci aspettavamo per entrare in quel mistero e sentire il sussurro di un silenzio sonoro in cui Dio ci parla, in cui Dio ancora una volta ci mostra il suo amore: non vuole perdere nessuno! Questo ci permetterà di sentirci non solo figli amati, ma sperimenteremo di amare di più, fino a donare la luce di Dio agli altri, fino all’incontro finale, faccia a faccia, nella vita eterna.
Oggi è un giorno particolare in cui innalziamo preghiere a Dio per i nostri defunti. Anzitutto il ringraziamento a Dio per averceli donati e messi al nostro fianco. Forse, non erano perfetti, ma la loro presenza nella nostra vita è stata significativa e ha lasciato segni di amore. Ma ringraziamo anche loro. Oggi, forse, può affiorare alla mente qualche conto in sospeso che abbiamo con qualcuno di loro, che sia un torto che abbiamo arrecato loro e che non abbiamo riparato.
Questo è il giorno propizio per chiedere perdono, magari mentre siamo davanti alla loro tomba e siamo certi che questo perdono loro ce lo concedono. Ma può anche accadere che siamo noi ad essere in credito, ad essere chiamati a perdonare qualche torto, forse anche grave, che ci è stato fatto. Facciamolo, questo è il comportamento di ogni battezzato. Crediamo alla Parola del Signore e accogliamo le Sue parole: “io ti risusciterò nell’ultimo giorno!”.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!