martedì 18 agosto 2009

Mercoledì della XX settimana del Tempo Ordinario

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Il vangelo di oggi lo troviamo solo in Matteo, negli altri Vangeli non lo troviamo. E' la parabola degli operai mandati nella vigna (vedi Mt 20,1-16).
Come in tutte le parabole, Gesù racconta una storia fatta o tratta dalla quotidianità.
Gesù fa un ritratto della situazione sociale del suo tempo, in cui gli uditori si riconoscono. Però, nella storia di questa parabola, avvengono cose che non avvengono mai nella realtà della vita della gente: c'è qualcosa di diverso. Infatti, parlando del padrone, Gesù non guarda ad un comune padrone della vigna, ma pensa a Dio, al Padre. Per questo, in questa parabola, il padrone fa cose sorprendenti che non avvengono nella vita quotidiana degli uditori.
In questo atteggiamento strano del padrone bisogna trovare la chiave per capire il messaggio della parabola. E il messaggio è questo: rinunciare ad essere grandi per diventare piccoli, accettare che l'ultimo riceva quanto il primo. Il Regno è un dono gratuito, una grazia da accogliere.
Non è facile capire questo per questo ci viene spontaneo mormorare contro il Signore della vigna (tanto da aprire pagine in merito su Facebook), perché il suo modo di agire mette a soqquadro i nostri criteri di valutazione, di retribuzione equa, di giustizia sociale, di merito.
Gli operai della parabola – quelli che inscenano la mormorazione sulla parità dei salari – non si lamentano perché la paga è insufficiente a vivere dignitosamente, cioè “a misura d’uomo”. Ma si lamentano, invece, perché è dato ad altri come a loro. Essi hanno il gusto borghese del dislivello economico: per star bene bisogna che qualcuno stia peggio di loro. Forse nonabbiamo capito che per stare bene bisogna sentirsi non giudicati , non in competizione, non meglio o peggio di qualcun altro. Bisogna sentirsi accettati nella propria soggettività e riconosciuti ed amati in quanto persone.
E' inutile che desideriamo di andare un attimo in Paradiso per fare due chiacchere col Padre, Lui non si lascia smuovere dalle nostre mormorazioni che si rifanno al principio secondo cui è lecito fare tutto ciò che non è proibito dalla Legge, e sottolinea il contrasto fra il nostro occhio malato e la sua bontà.
Il Padre infatti non fa quello che vuole, ma ciò che è giusto: "vi darò quello che è giusto". Il Padre si comporta secondo l’etica della bontà, mentre l’incauto liberista segue l’etica dell’invidia.
Bisogna entrare in una concezione non farisaica della vita religiosa: “farisaico” ha per noi un significato negativo, ma, di per sé, esprime l’esigenza per cui alle mie opere, Dio risponde con un salario equivalente: se moltiplico le opere, avrò di più. Nell’ottica di Gesù invece, questo rapporto non ha senso: non conta la quantità delle opere. Occorre, sì, farle con amore, con spirito filiale, ma poi dobbiamo fidarci del Signore, senza più misurare niente e lasciar sì, che ogni istante della nostra vita siamo sempre operai nella vigna del Signore.