martedì 14 ottobre 2025

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

PREGARE NON PER INCATTIVIRSI MA PER AMARE


«Il Figlio dell'uomo quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Bella domanda troviamo alla fine del Vangelo odierno, una domanda forse inquietante ma che è posta a discernimento dei nostri cuori ancora oggi. Una domanda che risponde a una comune domanda: possiamo perdere la fede? Sì, certo, che lo possiamo. Tanti di noi perdono le cose belle della vita. Anche il rapporto con Dio si può perdere.
La domanda parla di un ritorno di Gesù. Quando si parla del ritorno di Gesù noi ne ricordiamo tre venute: quella nella carne, quella che diciamo nel credo e le visite intermedie, costanti, nella vita di tutti i giorni. E proprio in quest’ultima parte, bisogna chiedersi se il Signore mi troverà con la fede in lui, soprattutto quando ci assalgono i dubbi, le tribolazioni, noi rispondiamo con la fede? I fatti con cui dovremmo misurarci, troveranno in noi una risposta adeguata?
Per ancorarci alla nostra fede senza perdere le cose belle della vita e capire ancora meglio, il Signore Gesù mette alla nostra attenzione una parabola particolare che riguarda la preghiera incessante in un caso di ingiustizia, senza stancarsi mai, senza incattivirsi, dice l’Evangelista. Anche qui, pregando, ci si può incattivire? Sì, anche se preghiamo possiamo degenerare nella parte più brutta del nostro essere. Il pregare senza stancarsi o senza incattivirsi vuol dire mantenersi costanti e fedeli nella preghiera per non cadere nella tentazione dello sconforto, della demotivazione e che a sua volta ci rende pari al cattivo. Quest’atteggiamento richiede Gesù nell’attesa del suo ritorno e ce lo chiede con la storia di una vedova che va da un giudice e che alla fine ottiene giustizia grazie alla sua insistenza. L’insistenza della vedova ci insegna a non demordere nella vita. Allora è importante insistere, pregare senza stancarsi. Santa Teresa d'Avila diceva: «Chiedete a Dio aiuto nel bisogno, sfogatevi con Lui e non lo dimenticate quando siete nella gioia, parlandogli non con formule complicate ma con spontaneità e secondo il bisogno». Anche Gesù l'ha detto di non moltiplicare le parole nella preghiera, perché l'essenza della preghiera è Dio stesso, la preghiera è respirare fortemente Dio. ed è quello che il Vangelo sottolinea. Infatti, la giustizia di cui si parla non è quella forense, un proprio diritto ma il rapporto con Dio. Ecco perché nella Sacra Scrittura si dice che l’Amato desidera trovare l’amata (cf. Ct 2,13). È il desiderio di Dio. ma è anche il nostro? Occorre far risuonare nel cuore la Parola di Dio per poterlo capire. Però chiediamo anche come ci mettiamo in ascolto della Parola di Dio? occasionalmente… settimanale… tutti i giorni?
Se è settimanale è come vivere un obbligo. Se è occasionale è come occupare uno spazio nell'arco della vita per un determinato scopo. Mentre se tutti i giorni è vivere un continuo rapporto di comunione con Dio, così come dice san Paolo nella seconda lettura. E questo è un diritto che abbiamo, non possiamo ripiegarci sulle nostre debolezze. E se noi abbiamo bisogno di questa giustizia, attacchiamoci alla grazia, preghiamo e incessantemente, ricordiamoci della nostra bellezza per farla risplendere nella vita di tutti i giorni, certi che il Signore cammina accanto a noi.  Certo, se io cerco cose piccole, cose caduche, cose destinate a finire, allora non c'è bisogno che io preghi. Però, se sono chiamato ad amare come Dio ha amato, se desidero combattere il male che mi minaccia, allora ho necessità di pregare per perseverare nel momento della difficoltà e chiedere con insistenza al Signore che faccia giustizia.
Chiediamoci allora, se ogni qual volta ci stanchiamo, cediamo in particolare quando subiamo ingiustizia se confidiamo in Dio oppure ci ritroviamo a dire: “Dio non esaudisce la mia preghiera”; “Dio, perché non intervieni?”. Certo, umanamente parlando sembra assistere al silenzio di Dio. Ma come battezzato, come cristiano, ne sono sicuro?
Personalmente non penso che Dio se ne stia zitto, anzi, il suo è un silenzio eloquente, comunicativo. Abbiamo bisogno di abbandonare la nostra vita in Lui e non pensare Dio come lo vorremmo noi.
Ricordo di un anziano che tra le sue preghiere aveva questo tipo di giaculatoria: “ti ringrazio mio Dio, perché il mondo non va come dico io”. Parole che invitano ad essere preghiera vivente nella vita di tutti i giorni. La preghiera allora si presenta come respiro dell’anima perché, se non fosse così, sarebbe la morte!
La parabola ci invita quindi alla speranza e non a segnare i confini, a mettere paletti ma a guardare oltre l'orizzonte dove c'è un Dio che, nonostante tutto ci va storto, ci ama di un Amore senza confini.
Insistere nella preghiera non serve a cambiare il cuore di Dio per ottenere chissà che cosa ma cambiare il proprio animo perché passi insistentemente dalla nostra esistenza questa linfa vitale come usano fare due innamorati: lasciano passare la linfa del loro amore, respirando ogni giorno questo amore.
Chiediamoci allora se siamo innamorati di Dio o di noi stessi. Facciamoci una bella iniezione di fiducia in Dio, perché la domanda risuona ancora una volta: «Il Figlio dell’uomo, quando tornerà, troverà la fede sulla terra?». Sarà forse una domanda scomoda che oggi ci arriva dall’Alto ma esaminiamoci dentro per capire se ci sentiamo amati da Dio, se lo amiamo per essere suoi collaboratori scegliendo di amare.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!