giovedì 14 marzo 2024

V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO B)

DONO D'AMORE


Siamo arrivati all’ultima domenica di Quaresima. La prossima è la Domenica delle Palme e si dà inizio alla Settimana Santa.
La pagina evangelica di questa domenica si apre con un bel desiderio: «vogliamo vedere Gesù!». Questo è un desiderio che ci appartiene, forse nascosto nella parte più recondita del nostro cuore ma è il desiderio di sempre. Tanti uomini e donne che hanno portato nel cuore questo desiderio lo hanno incontrato “faccia a faccia” (cfr. 1Gv 3,3), tra questi abbiamo pure coloro che hanno dato la propria vita. Questo è il grande desiderio dei cercatori di Dio e dovrebbe essere anche il nostro desiderio, ogni giorno.
Chi sono questi cercatori di Dio? Nel Vangelo l’Evangelista ci presenta dei proseliti che vengono classificati greci. Questi stanno cercando Gesù. Di loro san Paolo scriverà: «mentre i giudei chiedono i segni, i greci cercano la sapienza» (1Cor 1,22). Cercare la sapienza è una esigenza per dare senso alla propria vita. In questo caso, cercare Dio e la sua sapienza, significa cercare non solo la verità di sé, ma la vita per sé.
Filippo e Andrea raccolta la richiesta di questi greci vanno da Gesù per dirgli che qualcuno lo sta cercando. È bello questo! Sarebbe il nostro compito di discepoli, di cristiani: andare da Gesù per dirgli che qualcuno lo sta cercando. Andare da Gesù portando queste persone, uomini e donne, che hanno bisogno di Lui.
Gesù però quasi evitando la richiesta risponde indirettamente: «se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo; se invece muore produce molto frutto».
Una risposta strana quella di Gesù. Parla di una morte paragonandola alla realtà botanica, dove un seme marcisce fino a diventare pianta. Forse pronunciando queste parole, il Signore Gesù pensava alla sua morte. Infatti, è lui quel “chicco di grano” che “cade in terra e muore”. È lui che morendo produrrà molto frutto e il frutto è la redenzione del mondo. Ma quest’amore di donazione non riguarderà solo lui e per questo proclama: «quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me»: è la gloria di Dio sulla croce. È l’onnipotenza di Dio sulla croce e noi possiamo accoglierla lasciandoci attrarre anche se questo non basta perché occorre corrispondere a tale amore e dire apertamente: Cristo “mi attira a sé” perché anch’io sia dono d’amore.
Sarà una illusione se pensiamo che il rapporto con Dio si possa costruire restando appoggiati sul non senso. Occorre perdere la vita. Occorre morire come il chicco di grano, occorre lasciar morire la vita vecchia, occorre “morire per rinascere” come dice una canzone. Allora sì, possiamo capire l’importanza che il Signore da a quel chicco di grano che diventa pane donato, pane eucaristico. Infatti, “L’Eucaristia ci attira nell’atto oblativo di Gesù… veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione” (Benedetto XVI, Deus caritas est, 13). Donare la vita: è il fine di questo tempo di quaresima. Però non è facile donarla se non si accoglie quell’amore ricevuto e che riconosce un amore più grande: «amatevi come io vi ho amato» (Gv 13,34).
Ecco l’itinerario di fede che ci propone Gesù per poterlo incontrare, vederlo, fare esperienza di lui: attraverso il dono di sé, attraverso la croce, attraverso la morte della vita vecchia che significa servire e seguire il Signore Gesù ovunque egli vada.
Non è facile capire questa logica di Dio, non rientra nei nostri parametri. Siamo sempre più nella logica del possedere che ci spinge ad avere sempre più nella vita. È una voracità brutta una vita da egoista. L’egoista non solo perde la sua vita, ma anche fa perdere la vita agli altri, domina gli altri, li opprime li sfrutta e distrugge la vita dimenticando che la vita è un dono, che la vita è relazione: se la doni la realizzi; se ti chiudi in te l’hai già persa. Mentre Gesù ci dice: «chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna».
Lasciamoci, allora, interrogare dall’amore crocifisso. Lasciamoci avvolgere da questo mistero d’amore anche se non sarà facile da capire, da assimilare.
Abbiamo davanti due settimane prima della Pasqua, volgiamo pertanto, con più viva partecipazione, il nostro sguardo a Cristo crocifisso che, morendo sul Calvario, ci ha rivelato pienamente l’amore di Dio. Andiamo in quel mistero di morte. Andiamo ai piedi della croce, alla sorgente della speranza, dove scopriremo quanto ci ama Dio. Andiamo ai piedi della croce per capire che non bisogna chiudere gli occhi davanti ai crocifissi che ancora oggi sono in croce a causa nostra, grazie al nostro egoismo, alla sofferenza provocata. Ed è proprio in questi luoghi, sui calvari del mondo che Gesù continua a donarsi, continua a donare il suo amore.
Dall’Eucarestia domenicale possiamo ricevere il dono di una rinnovata esperienza dell’amore di Dio donatoci in Cristo, amore che ogni giorno dobbiamo a nostra volta “ridonare” al prossimo, diffondere attorno a noi, soprattutto a chi più soffre ed è nel bisogno, a chi vuol vedere Gesù e sarà una semina d’amore che farà nascere solo amore.
Solo così potremo partecipare pienamente alla gioia della Pasqua.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!







giovedì 7 marzo 2024

IV DOMENICA DI QUARESIMA - LAETARE (ANNO B)

VENIRE ALLA LUCE


Domenica scorsa
abbiamo visto Gesù che rovesciava il “nostro tavolo religioso” lasciandoci un po’ in balia delle onde, non sapendo come comportarci, faticando a fare il passaggio dal Dio che abbiamo in testa al Dio di Gesù Cristo.
Per risalire dal nostro oblio, in questa IV domenica di quaresima dedicata alla gioia, ci aiuta, in particolare, un personaggio: Nicodemo. Egli va da Gesù di notte, quasi strisciando per non farsi vedere. Egli è un capo dei giudei e un maestro di Israele, appartiene alla cerchia dei farisei, gente dall’osservanza rigorosa della Torah, per cui non va da Gesù di giorno. La ragione profonda però è perché rimase colpito dal gesto provocatorio di Gesù avvenuto nel Tempio e vuole capire il suo messaggio.
Nicodemo è un uomo che da tempo attraversa la sua notte oscura e sa che Gesù è l’unico che può dare risposte di senso alla sua vita. Però bisogna dire a Nicodemo e a quanti come lui che con Gesù non funziona così, perché Egli ti aiuti nella vita non può essere vissuto di notte. La notte, infatti, indica una fede non vissuta. Gesù stesso dice che una lampada accesa non può essere messa sotto il letto (cfr. Mt 5,13-16). Nessuna persona di criterio e di sano raziocinio sarebbe mai disposta a compiere tale azione.
Insieme a Nicodemo è importante interrogarsi sul tipo di fede che stiamo vivendo! Se la nostra fede è vissuta in pieno giorno oppure nella notte. Se la nostra fede è come lampada nascosta oppure posta sopra il lucerniere. Il Vangelo ci dice che una fede che si riduce al nostro intimismo non illumina niente. Allora, di che fede parliamo?
La nostra vita ha bisogno di fare il passaggio dalla notte alla luce per comprendere e vivere il messaggio di Gesù. Nicodemo farà un cammino graduale per comprendere la verità fino ad esporre la sua stessa vita. Lo troveremo nel Sinedrio a difendere Gesù (Gv 7,50-51) e poi ai piedi della croce che insieme a Giuseppe di Arimatea prenderà il corpo di Gesù per porlo nel sepolcro (Gv 19,38-42).
Per maturare in questo percorso di fede, a Nicodemo e anche a noi, viene chiesto di “rinascere dall’Alto”, di ricominciare con una mentalità nuova per poter arrivare al Dio che Gesù è venuto a raccontarci.
A questo serve questo tempo forte dell’anno liturgico: a fare quel passaggio del Dio che abbiamo in testa ad abbracciare il Dio di Gesù Cristo che «ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio» (Gv 3,16). Questo è il punto centrale della storia della salvezza, del rapporto tra Dio e l’uomo. Ecco la grande verità da ricercare: l’amore, l’amore di Dio per tutte le sue creature. Ecco, Dio ti ama tanto dice Gesù. Sappiti amato, sei amato. Sei amato a prescindere, questa è la Sua lieta notizia che ogni giorno ci ripete appena svegli, che ci ripete nelle difficoltà, quando siamo sfiduciati; ecco che possiamo iniziare a volgere lo sguardo verso l’Alto. Noi siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama. Accogliamo questo amore perenne di Dio, facciamo chiarezza del nostro essere cristiano. Non restiamo in balia delle onde, percepiremo meno la salvezza, percepiremo meno l’amore con cui siamo amati, anche se Dio rispetterà la nostra scelta.
Nel Vangelo odierno quest’amore di Dio viene messo a paragone con il segno che Mosè diede a quanti venivano morsi dai serpenti a causa del loro peccato grave contro il Signore: un segno di vita, di liberazione e di guarigione. A maggior ragione di fronte all’innalzamento del Figlio di Dio e tutta l’umanità, avvelenata dal peccato, può guardare a Lui e vivere iniziando da una radicalità di una nuova nascita, di una vita nuova che significa avere la vita del Figlio (cfr. 1Gv 5,12).
Questo si può fare partendo dalla consapevolezza dei propri limiti, mettendosi alla scuola del Cristo Crocifisso per imparare e vivere nella propria storia e nella vita concreta, la Sapienza della croce.
Stare alla scuola del Crocifisso e volgere lo sguardo su di Lui ci indirizza ad assumere una posizione di fede, perché dinanzi allo scandalo della croce, del Dio crocifisso, o si crede o non si crede.  Non possiamo continuare a stare in mezzo ai serpenti che feriscono e avvelenano la nostra esistenza. Non possiamo subirne i vari “morsi”: invidie, risentimenti, diffamazioni senza dimenticare quei morsi che ci facciamo da soli: orgoglio, passioni sregolate, corsa al potere. Solo volgendo lo sguardo verso il Crocifisso saremo curati dal veleno di morte. Solo accogliendo Gesù crocifisso mediante la fede avremo la sua vita e non attraverso la conoscenza della dottrina oppure facendo una serie di pie pratiche.
Penso che Nicodemo sia colui che prende una posizione della fede, che persevera nella fede. Lui non sceglie di rimanere nelle tenebre, anche se queste sono un “boccone facile”, ma sceglie la luce e ci invita a fare come ha fatto lui: rimanere nella luce.
Non è facile rimanere nella luce, perché la luce mette a nudo le nostre opere, anche quelle abitudinarie, mentre le tenebre, il buio, la notte le nasconde. Alziamo allora il nostro sguardo verso il Crocifisso, verso quel dono d’amore smisurato del Padre per mettere a nudo le nostre doppiezze, le nostre viltà. Depositiamo su quella Croce i nostri peccati per godere della luce divina.
Tutti siamo chiamati a formare la nostra vita su questa vera saggezza: non vivere per noi stessi, ma vivere nella fede in quel Dio del quale tutti possiamo dire: “Mi ha amato e ha dato sé stesso per me”. Allora sarà un venire alla luce, un nascere a nuova vita nelle nostre giornate, nei nostri pensieri, nelle nostre azioni per camminare sempre più nella direzione della verità che ci salva e che null’altro è amore gratuito.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!





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