lunedì 4 febbraio 2008

ANCHE TU, NON SEI MORTO, MA DORMI!

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!

Abbiamo tutti bisogno della misericordia del Signore. Il 5 febbraio che ricorre la festa di sant'Agata (auguri a quanti portano questo glorioso nome), la preghiera di colletta chiede la misericordia del Signore "per intercessione di sant'Agata che risplende nella Chiesa per la gloria della verginità e del martirio". Il martire si dona a Cristo per giungere a Dio mediante il sacrificio della vita; la verginità non ha senso se non nel dono. Senza questo potrebbe essere una specie di egoismo: volersi tenere per sé. Si incontrano molte ragazze che non vogliono donarsi, vogliono mantenere tutta la loro indipendenza per organizzarsi la vita secondo le loro idee e magari secondo i loro capricci: fisicamente sono vergini ma di una verginità che non ha senso ed è semplicemente una manifestazione di egoismo. La verginità cristiana è un'altra cosa: è donarsi al Signore, rinunciare a se stessi per vivere unicamente per lui.
La Parola in questa ricorrenza ci fa soffermare a contemplare la scena di Mc 5,21-43, dove avviene la resurrezione della figlia di Giairo, una ragazza che “aveva dodici anni” (v. 42).
Gesù, come in tante altre circostanze, stava lungo il mare, circondato dalla folla. Dalla moltitudine esce Giairo, che con franchezza espone al Maestro la sua pena, l’infermità di sua figlia e con insistenza supplica la sua guarigione: “La mia figlioletta è agli estremi: vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva” (v. 23).
“Gesù andò con lui” (v. 24). Il cuore di Cristo, che si commuove di fronte al dolore umano di quest’uomo e della sua giovane figlia, non resta indifferente di fronte alle nostre sofferenze. Cristo ci ascolta sempre, ma ci chiede che ricorriamo a lui con fede.
Poco più tardi vennero a dire a Giairo che sua figlia era morta. Umanamente non vi era più rimedio. “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?” (v. 36).
Ma la misericordia del Signore non ha limiti. L’amore che Gesù sente per tutti indistintamente, lo spinge ad entrare nella casa del capo della sinagoga. Tutti i gesti e le parole del Signore esprimono questo amore: “La bambina non è morta, ma dorme”. Sono parole rivelatrici della misteriosa presenza del Signore della vita in un mondo che sembra soccombere all’impulso distruttore dell’odio, della violenza e dell’ingiustizia, forse. Anche questo nostro mondo, non è morto, ma dorme.
Nei nostri cuori, carissimi, vi è il palpito della vita, dell'amore di Dio. Non siamo morti se siamo vicini al Signore. E quando siamo vicini a Lui? Quando ascoltiamo le sue parole, quando amiamo Gesù, quando cerchiamo Gesù, quando ci incontriamo con Gesù.
Successivamente Cristo entrò nell’abitazione dove ella giaceva, le prese la mano e le disse: “Fanciulla, io ti dico, alzati!” (v. 41). Tutto l’amore e tutta la potenza di Cristo - la potenza del suo amore - ci si rivelano in questa delicatezza e in questa autorità con cui Gesù ridà la vita a questa bambina e le ordina di alzarsi. Ci commuove il constatare l’efficacia della parola di Cristo: “Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare” (v. 42). In quest’ultima disposizione di Gesù, prima di congedarsi - “di darle da mangiare” (v. 43) - scopriamo fino a che punto Cristo, vero Dio e vero uomo, conosce e si preoccupa di tutte le nostre necessità spirituali e materiali.
Tuttavia non possiamo dimenticare che, secondo quanto ci insegna la fede, la causa prima del male, dell’infermità, della stessa morte, è il peccato sotto le sue diverse forme.
Nel cuore di ciascuno e di ciascuna sta questa infermità che ci colpisce tutti: il peccato personale, sempre più radicato nelle coscienze, nella misura in cui si perde il senso di Dio; nella misura in cui si perde il senso di Dio! Non si può vincere il male con il bene se non si ha questo senso di Dio, della sua azione, della sua presenza che ci invita a scommettere sempre per la grazia, per la vita, contro il peccato, contro la morte. È in gioco la sorte dell’umanità: “L’uomo può costruire un mondo senza Dio, ma questo mondo finirà per ritorcersi contro l’uomo” (Giovanni Paolo II,
Reconciliatio et Paenitentia, 18). Sant'Agata questo l'ha capito, ed ha lottato fino a dare la sua stessa vita "che sparse per Cristo il suo sangue; non temette le minacce dei giudicie raggiunse il regno dei cieli" (Antifona d'ingresso alla Messa).