lunedì 11 agosto 2008

CONVERSIONE E UMILTA'

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Il 12 agosto il calendario carmelitano riporta un martire dello Scapolare: Isidore Bakanja (di cui questo agosto fino al prossimo del 2009, hanno deciso di dedicare un anno tutto per lui http://www.oecumene.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=170188).
Il Vangelo ci narra una grandezza, ma non di una grandezza terrena (vedi Mt 18,1-5.10.12-14). Riporta l'Evangelista: "Chi è il più grande nel regno dei cieli" (v.1). Come possiamo notare c'è una grandezza diversa da quella che possiamo immaginare tutti i giorni. Certo è vero, siamo umani, ma la strada rimane aperta per percorrerla con fiducia, senza nessun timore. Anzi Gesù ce la indica mettendo al centro un bambino. Non risponde direttamente, perché la risposta è nel bambino, nella semplicità che capovolge le prospettive arriviste. Ma attenzione, la metafora va oltre quello che i nostri occhi o il nostro cuore può immaginare: il bambino accolto si rivela essere Gesù in persona: "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me" (v.5). I rapporti tra di noi si impostano correttamente solo mediante la conversione e un atteggiamento umile verso Dio (v.3). Quando ci scopriamo poveri e piccoli davanti a Dio, allora capiamo che la domanda posta all'inizio dai discepoli non ha più senso. "Chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli" (v.4). Il punto di arrivo di ogni vera conversione è il diventare come i bambini. Ciò non significa ritornare nell'infanzia o, peggio, nell'infantilismo, ma mettersi davanti a Dio come bambini di fronte al padre. Diventare come un bambino e percepire che il Padre ci chiama sempre a crescere, è diventare ciò che dobbiamo essere: dei piccoli, dei poveri, dei beati (v.3) che aspettano tutto dalla sua grazia.
Lo scopo di questa parabola è di spingere la comunità cristiana, che trascura i peccatori ed è tentata di ripiegarsi pigramente su se stessa, a mettersi senza esitazione alla ricerca degli smarriti, dei cristiani che hanno dimenticato il primitivo fervore e la coerenza con gli ideali del vangelo. Chiunque è in pericolo ha la precedenza assoluta su tutto e su tutti a essere soccorso. Le parole di Gesù sottolineano ripetutamente "anche uno solo di questi piccoli" (vv.6.10.14) per insegnarci non solo a capovolgere i criteri mondani riguardo alla grandezza, ma anche nei confronti della quantità: anche uno solo conta! La parabola della pecora smarrita ci riguarda personalmente perché è la nostra storia. Qualche volta siamo la pecora smarrita, altre volte siamo mandati a cercare la pecora smarrita che è il prossimo. Possiamo sperare di raggiungere la nostra salvezza soltanto se ci preoccupiamo anche della salvezza degli altri.
Preghiamo per questi motivi, in tutta semplicità di cuore.