lunedì 29 dicembre 2008

NELLO SPLENDORE DELLA GIOIA, DELLA GRAZIA E DELLA CLEMENZA DI DIO

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Continuiamo il cammino dell'Ottava di Natale e quest'oggi, abbiamo la seconda parte del brano ascoltato ieri. Se ieri abbiamo visto brevemente il personaggio di Simeone, quest'oggi vediamo la profetessa Anna (vedi Lc 2,36-40).
Anna, ci dice il Vangelo, è tra le donne rimaste sole, ma che ha fatto diventare la fede la sua unica consolazione e viene descritta come Giuditta (Gd 8,1-6) e come Debora (Gdc 4,4). In lei abbiamo una donna di Dio e non solo, comunica qualcosa di Dio ed ha un’apertura speciale verso "le cose di Dio" con il vivo desiderio di poterle comunicare agli altri.
Luca ci dice che Anna arriva al tempio nel momento in cui Simeone abbracciava il bambino e conversava con Maria sul futuro del figlio (Lc 2,25-35). L'evangelista descrive Anna con uno sguardo di fede. Lei vede un bambino nelle braccia di sua madre e come Simeone, piena di Spirito Santo, vede in Gesù il Salvatore del mondo.
Anche Anna ha un suo messaggio che subentra dopo quello di Simeone. E se il vecchio Simeone ha usato parole dure di condanna, di contraddizione e di spada, Anna invece, parole che danno felicità, conforto e sostegno. Il nome della profetessa e quelli dei suoi avi significano salvezza e benedizione. Anna vuol dire: Dio fa grazia; Fanuele: Dio è luce; Aser: felicità. I nomi non sono privi di significato. E qui il loro significato illumina e immerge tutto nello splendore della gioia, della grazia e della clemenza di Dio. Il tempo messianico è tempo di luce piena. Anna è tratteggiata come luminoso esempio delle vedove cristiane. "Colei che è veramente vedova ed è rimasta sola, ha messo la speranza in Dio e si consacra all'orazione e alla preghiera giorno e notte" (1Tm 5,5). Aveva ricevuto il dono della preghiera perseverante e della profezia; il suo stile di vita, fatto di abnegazione, di digiuno e di veglia, aggiungeva importanza alla sua preghiera di intercessione per il suo popolo.
La vita di questa donna parla a noi di alcune verità importanti: tutti hanno il loro posto nel progetto divino di salvezza; Dio fa spesso appello a persone che non se lo sarebbero certo aspettato perché siano suo strumento scelto; le virtù di distacco e di umiltà ottengono sempre l’approvazione di Dio, perché egli può colmare solo un cuore puro da ogni attaccamento materiale.
Il pericope evangelica si chiude con il riferimento del ritorno della santa Famiglia a Nazaret: “Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui” (questo particolare sarà ripreso al v. 52). E' il Signore che attualizza la sua incarnazione, il suo prendere dimora nella tenda degli uomini (Gv 1,14). Il Figlio di Dio si fece uguale a noi in tutto ed assunse la condizione di servo (Fil 2,7) in obbedienza al Padre fino alla morte ed alla morte di croce (Fil 2,8). In questi anni della sua vita, “il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui”. Crescere in sapienza significa assimilare la conoscenza, l’esperienza umana accumulata lungo i secoli: i tempi, le feste, le medicine, le piante, le preghiere, le usanze, etc. Ciò si impara vivendo e convivendo con la gente. Crescere in età è il processo di ogni essere umano con le sue gioie e le sue tristezze, le sue scoperte e frustrazioni, le sue rabbie e i suoi amori. Ciò si impara vivendo e convivendo in famiglia, con i genitori, i fratelli e le sorelle, i parenti e gli amici. Crescere in grazia significa: scoprire la presenza di Dio e testimoniarla nella propria vita di tutti i giorni.
Auguriamoci che anche noi possiamo vivere di quanto la Parola ci comunica!