lunedì 22 dicembre 2008

SUL PALMO DELLA MANO DI DIO

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!



Ritornano per noi Zaccaria ed Elisabetta, ma questa volta insieme al figlio inatteso: Giovanni (vedi Lc 1,57-66).
Al centro del brano evangelico abbiamo l'inizio dell'attuazione della salvezza contornata dalla questione del nome da dare al bambino, nome che già l'angelo del Signore aveva detto (cfr. v. 13).
Il nome nella Bibbia indica la natura della persona, la sua missione, il suo valore unico e irripetibile. Giovanni (in ebraico yehohanan significa "Jahweh è benigno"; possiamo pure tradurre anche con dono, grazia, amore di Dio. L'uso ebraico di imporre al neonato il nome del genitore o di un antenato voleva indicare la continuità con il passato (del resto anche qui in Italia, anche se l'uso nel tempo sta scomparendo del tutto). Qui viene interrotto perché questo bambino ha un cammino proprio da percorrere indipendentemente dalla parentela o discendenza carnale. Nel nome di Giovanni, c'è tutto il programma che questo "profeta dell'Altissimo" è chiamato a realizzare. Esso indica che Dio sta per concedere la sua misericordia verso gli uomini.
Anche noi abbiamo un cammino da percorrere, perché la nostra vita, ogni vita, ogni nascita è un dono di Dio. La mia, la tua nascita (e la nascita di ciascuno) non è mai un caso, è sempre il compimento di un disegno d'amore di Dio. Infatti, dice il Signore: Sulle palme delle mie mani ti ho disegnato (Is 49,16). E' Lui che fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome (Is 49,1), e questo l'orante lo riconosce: Sei tu che hai formato i miei reni e mi ha tessuto nel grembo di mia madre (Sal 139,13). Siamo il prodigio dell'amore di Dio (cfr. Sal 139,14). Dio dice ad ogni uomo: Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e ti amo (Is 43,4). Ognuno di noi può osservare la sua dignità e comprenderla puntando il nostr sguardo in Dio, a Colui dal quale abbiamo avuto inizio e al quale ritorniamo, perché Dio sia tutto in tutti (1Cor 15,28).
E' importante dare senso ad ogni nascita pensandola come una dilatazione dell'amore e della misericordia del Signore, la cui tenerezza si espande su tutte le creature (Sal 145,9). Solo così si può comprendere il suo vero valore e il suo vero spessore.
Nel Vangelo abbiamo i vicini e i parenti che si rallegrano con Elisabetta perché il Signore ha manifestato in lei la sua grande misericordia. Il credente è una persona che vede l'azione di Dio dove il non credente vede solo l'azione dell'uomo. Il nome di Giovanni viene da Dio. Il nome di ogni figlio, il suo essere, la sua vocazione, il suo destino vengono da Dio.
Nel Vangelo troviamo gli astanti che si meravigliavano di quanto accadeva. Ma la meraviglia sta nella scoperta che Dio è grazia, misericordia e tenerezza.
Il brano va verso la sua conclusione con una espressione particolare riguardo l'ascolto della parola di Dio, tema che Luca evidenzierà con Maria. Qui la Parola fin dal suo sorgere deve mettere radice nel cuore, crescere e fruttificare (cfr Lc 8,12ss). Giovanni sarà "un baluardo" in questo per manifestare la potenza e la mano di Dio e prepare meglio la sua venuta. Nel silenzio prepariamoci al Natale, nel silenzio che riflette e medita, che scopre la volontà di salvezza di Dio, che cambia il nome alle cose, che ci permette di vedere il grande disegno che Dio ha sull'umanità! O Emmanuele, Dio-con-noi, attesa dei popoli e loro liberatore: vieni a salvarci con la tua presenza.



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