martedì 28 aprile 2009

29 APRILE: SANTA CATERINA DA SIENA

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


La liturgia odierna ci propone la grande figura di santa Caterina da Siena, vergine e dottore della Chiesa. Una giovane donna vissuta in un'epoca piuttosto turbolenta. Il Vangelo ci parla di dieci vergini, in attesa dello sposo con la sposa e dell'inizio della festa nuziale (vedi Mt 25,1-13).
L'Antico Testamento contiene una tradizione che identifica Dio con lo sposo di Israele. Per esempio, a Gerusalemme viene detto che «tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome» (Is 54,5) e, al popolo di Dio, che «in quel giorno [...] mi chiamerai Marito mio» (Os 2,18). Nel Nuovo Testamento, lo sposo è Gesù (cfr. ad esempio, Mt 9,15; Gv 3,29). Lo sposo della parabola è, quindi, il Figlio dell'uomo. Le dieci vergini diventano modelli rispettivamente negativi e positivi di comportamento nei confronti della sua venuta.
Le vergini, per andare incontro allo Sposo, devono uscire, devono compiere un esodo. L'esistenza umana è una continua uscita: ha inizio quando si esce dal grembo della madre, prosegue nell'uscire verso ciò che continuamente diventiamo e culmina nell'uscire dalla vita terrena per incontrare la nostra vita, «nascosta con Cristo in Dio» (Col 3,3).
Viene indicata l'ora di quest'esodo: "mezzanotte", mezzanotte per un'umanità che aveva smarrito la via del vangelo. Però le ombre persistenti non erano riuscite a spegnere la certezza della Luce. Le donne sagge, vivevano immersi nell'"ora" di Cristo, un'ora di morte-vita, che ormai attraversa la storia con il suo decisivo trionfo. Per questo la mezzanotte non li trova appesantiti dal sonno e il grido gioioso li fa balzare in piedi, pronti ad "uscire", nel cuore della notte, incontro allo Sposo.
Quante volte carissimi ci annoiamo ad ascoltare la Parola di Dio, a partecipare l'Eucarestia domenicale come se vivessimo quella mezzanotte da stolti e non da saggi? Sì, il vangelo non invita ad un'attesa sonnolenta, segnata da calcoli prudenziali e da inconsistenti paure. Lo Sposo lo si incontra nel vivo delle situazioni, là dove la notte tende a protrarsi. Il cristiano non può essere un rintanato, che vive il più possibile lontano dalla mischia in un intimistico a tu per tu con Dio. Proprio perché figlio della luce è chiamato a immettersi nella notte, tenendo ben alta la lampada accesa, continuamente alimentata dalla preghiera. "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo" ci ricorda il Concilio nella Gaudium et Spes (n° 1). È la notte che dobbiamo condividere con tutti gli uomini, impegnandoci con loro perché presto si annunci l'alba di un nuovo giorno, di cui i nostri occhi hanno già contemplato lo splendore nel volto del Risorto.
Il nostro futuro, quindi, è l'incontro con lo Sposo; ma questo si realizza per chi vive di quell'olio che rimane in eterno. L'olio è simbolo della luce eterna. La vita dell'eterno incontro tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, delle tre Persone nell'unità, è nella luce inaccessibile. In questa vita l'accesso è aperto per chi, istruito dalla grazia, aspetta la beata speranza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo (cfr. Tt 2,12-13).
Oggi, fermiamoci seriamente in preghiera. Lasciamoci scuotere dall'esempio di S.Caterina. Chiediamoci cosa possiamo donare di noi a questo mondo e preghiamo così: Dammi, Signore, il coraggio di immettermi nella notte in cui vivono i miei fratelli, assumendone le ansie, le tristezze, le angosce, anzitutto in preghiera e poi nell'impegno a essere in tutto strumento di pace dove vivo.