sabato 25 aprile 2009

III DOMENICA DI PASQUA

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Siamo giunti alla terza domenica di pasqua. L'atmosfera è ancora quella. Gesù ancora non è asceso e lo incontriamo nel rassicurare i cuori. Si, carissimi. Guardate un attimo come inizia il Vangelo di quest'oggi e vi accorgete che quelle persone riunite vivevano uno stato d'animo pessimo. Gli undici sono riuniti, Gesù è morto crocifisso, tutto sembra perduto.
Il Vangelo di Luca non ci dice nulla dello stato d’animo degli apostoli, ma è facile immaginarlo: confusione, senso di sconfitta e paura... cose che del resto, proviamo anche noi nella nostra vita (in un brano parallelo l’evangelista Giovanni sottolinea che l’apparizione di Gesù avviene in un luogo in cui “le porte erano chiuse per timore dei Giudei” (Gv 20,19).
Tornano i discepoli da Emmaus e raccontano una storia strana, quasi incredibile; dicono di avere incontrato Gesù “lungo la via” e di averlo riconosciuto “nello spezzare il pane”. Ma possiamo definire anche "una prima testimonianza" che poi rimanda al mandato che troviamo a fine pagina del vangelo.
A fine pagina, infatti, troviamo scritto così: "Di questo voi siete testimoni". Che parole grosse!!! Mi sembra, però, che non ci sia alternativa, se tutto quanto detto è vero per noi, come potremo tacere? Se abbiamo incontrato il Risorto come potremo non raccontarlo a tutti? Come potremo non portare testimonianza con la vita ma anche con le parole ed il servizio?
Se abbiamo fatto l’esperienza dell’amore di Dio, per forza saremo suoi testimoni… E se non lo siamo come facciamo a non esserlo? Che cosa ci blocca? La testimonianza dovrebbe essere una delle nostre ragioni di vita… ma per fare questo dobbiamo far sì che il Signore apra le nostre menti per comprendere le Scritture per poi mettere in pratica (la parte più difficile).
Ve lo spiego e concludo con un racconto di Tolstoi:
C'era una volta un uomo che faceva l'ortolano. Non era ricco ma lavorando sodo era riuscito a comperare una bella vigna. Aveva anche allevato tre figli robusti e sani. Ma proprio qui stava il suo cruccio: i tre ragazzi non dimo­stravano in alcun modo di condividere la passione del padre per il lavoro dei campi. Un giorno, sentendo che stava per giungere la sua ultima ora, chiamò perciò i suoi ragazzi e disse loro: «Figlioli, devo rivelarvi un segreto: nella vigna è nascosto tanto oro da bastare per vivere felici e tranquilli. Cercate questo tesoro e dividetevelo fraternamente tra voi». Detto questo, spirò. Il giorno dopo i tre figli scesero nella vigna con zappe, vanghe e rastrelli e incominciarono a rimuovere profondamente la terra. Cercarono per giorni e giorni, poiché la vigna era grande e non si sapeva dove il padre avesse nascosto il tesoro, di cui aveva par­lato. Alla fine si accorsero di aver zappato tutta la terra senza aver trovato alcun tesoro. Rimasero molto delusi; però l'anno seguente con nuova speranza si rimisero a cercare. Alla fine compresero il significato delle parole del padre: infatti la vigna, ben zappata e curata, dava moltissimi frutti. Vendendo i frutti, ricavarono molti rubli d'oro, che poi divisero fraternamente se­condo la raccomandazione del padre. E da quel giorno compresero che il più grande tesoro per l'uomo è il frutto del suo lavoro».

Sapete, c’è tanto da lavorare nella vigna di Dio, c’è bisogno del mio e del vostro zappare quotidiano per portare il vero amore nel mondo.

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