martedì 7 luglio 2009

Mercoledì della XIV settimana del Tempo Ordinario

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Il Vangelo odierno ci dice che dalla compassione per le folle, stanche e sfinite, nasce la chiamata dei dodici e la consegna della missione evangelica. (vedi Mt 10,1-7). L'evangelista Matteo aveva già parlato della chiamata dei discepoli (Mt 4,18-22; 9,9). Qui viene fatto una sintesi.
Gesù chiama a sè i Dodici. Il numero dodici ricorda i dodici patriarchi delle tribù d'Israele e quindi ci presenta i dodici discepoli come i capostipiti spirituali del popolo di Dio che Gesù sta per ricostituire.
I Dodici vengono chiamati perché condividano con il Maestro l’intimità dei giorni, ascoltino la sua predicazione, vedano le sue opere, imparino a conoscerlo e ad amarlo. Infatti,
la principale fisionomia dei dodici è quella di essere i continuatori dell'opera stessa di Gesù, quasi il prolungamento perenne della sua persona. Dovranno andare come pecore in mezzo ai lupi, dovranno affrontare contrarietà e persecuzioni per il suo nome. Per questo “Gesù diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità” per dare forza soprannaturale al loro impegno e alla loro testimonianza.
Inviando i Dodici "alle pecore perdute della casa d'Israele", Gesù affida loro un messaggio: "Il regno dei cieli è vicino".
Sono le stesse parole che usò Gesù all'inizio della sua predicazione. Ora sono i Dodici a fare lo stesso e a dire che il regno è Gesù stesso, che rende presente nel tempo la sovranità di Dio.
Anche noi, oggi, siamo chiamati a questo, nessun cristiano è escluso. Ciò non è volontarismo rigoroso ma gioia traboccante di fronte all'infinita bellezza del dono ricevuto che va trasmesso e non conservato nel cassetto: sono beni che di loro natura sono destinati ad estendersi, espandersi e crescere di generazione in generazione.
Forse ancora non siamo abituati al pensiero che ogni cristiano, (e non solo il prete, il frate, la suora etc.) ha questo compito. La chiesa, nel Concilio Vaticano II, ha riaffermato con forza il ruolo dei laici come testimoni della fede e missionari del Vangelo di Cristo Gesù.
Potessimo esserne vitalmente convinti fino a sfidare con audacia la fragilità della nostra piccola storia dando credito a Dio senza riserve! Certo, Dio è gratuità tenerissima e grazia dirompente, ma è impegno nostro essere terra accogliente per far germogliare e crescere il seme.
Preghiamo così: Scendi nella terra del mio cuore, Signore, bagnala con la pioggia della tua Parola e spiana le zolle della mia riluttanza affinché sappia accogliere il tuo regno esultando di gioia riconoscente dinanzi alla tua traboccante gratuità.