giovedì 16 luglio 2009

Venerdì della XV settimana del Tempo Ordinario

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Abbiamo appena finito di ricordare la Vergine Maria del Monte Carmelo, che oggi, ricordiamo alcune martiri carmelitane che si sono affidati a lei: la beata Teresa di Sant'Agostino e compagne (conosciute come le martiri di Compiegne).
Il vangelo odierno ci riporta ai conflitti tra Gesù e le autorità religiose dell'epoca (vedi Mt 12,1-8). Sono conflitti attorno alle pratiche religiose di quel tempo: digiuno, purezza, osservanza del sabato. Noi comprendiamo male la legislazione del sabato del tempo di Gesù. Bisogna studiare assai il suo contesto prima di capirla. Ma ciò che ci si impone, è la sovranità con la quale Gesù si oppone a tutte le prescrizioni, dando come vero criterio la misericordia.Gesù riporta il sabato alla sua vera funzione di spazio dell'azione di Dio nella storia dell'uomo. La vera misura dell'osservanza del sabato, cioè del proprio rapporto con Dio, non è il culto con tutte le sue prescrizioni ma la misericordia che si manifesta nelle opere d'amore verso i bisognosi. È insensato vietare a un affamato di mangiare, qualsiasi siano le scuse che possiamo trovare. Ed è altrettanto insensato sacrificarsi per amore del sacrificio. Incriminare le persone che trasgrediscono la legge senza conoscere i loro motivi non ha senso. La vita ha troppe sfaccettature per chiuderla in paragrafi.Gesù risponde con due esempi che mostrano la loro grettezza e cecità. E soprattutto ribadisce, con le parole di Osea, la larghezza del cuore di Dio: "Misericordia io voglio e non sacrificio" (Os 9, 13). Il Signore non desidera l'osservanza fredda ed esteriore delle norme, ma il cuore. Non si tratta di disprezzare le norme; Ma sopra ogni norma c'è la compassione, che è un dono da chiedere a Dio perché non viene dal nostro carattere, dalle nostre qualità. La compassione non lascia tranquilli - spinse lo stesso Signore a scendere sulla terra per salvare il suo popolo - e chiede ad ogni discepolo non l'avara osservanza di doveri e di prescrizioni ma la continuazione dell'opera di Dio tra gli uomini.
Preghiamo così:
"Quando mi comandi di cantare, il mio cuore pare che si spezzi dall’orgoglio. Guardo il tuo viso e mi vengono le lacrime agli occhi. Tutto quello che vi è di aspro e di discorde nella mia vita, si fonde in un’unica dolce armonia, e la mia adorazione apre le ali, fa come l’uccello felice quando vola attraverso il mare. So che ti diletti del mio canto, e che solo quale cantore sono venuto al tuo cospetto. L’ala spiegata del mio canto sfiora i tuoi piedi, che non aspirerei mai a raggiungere. Nell’ebbrezza gioiosa del canto dimentico me stesso e chiamo te amico, che sei il mio Signore" (Tagore).