venerdì 7 agosto 2009

8 Agosto: San Domenico

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Ritorna ancora una volta per noi il tema della fede. Oggi ricordiamo uno dei patriarchi della santità cristiana suscitati dallo Spirito in un tempo di grandi mutamenti storici: San Domenico.
Il brano del Vangelo odierno narra la guarigione di un epilettico (vedi Mt 17,14-20) e mette in luce la mancata capacità di azione dei discepoli, in particolare durante l'assenza di Gesù, nonostante i poteri che Egli conferì loro (cfr. Mt 10).
In questo episodio sembra di vedere un Gesù "stanco" dell'incredulità che trova, in particolare in mezzo ai discepoli. Infatti per l'evangelista Matteo, il ragazzo epilettico è simbolo dell'Israele incredulo. Essi sono come gli ebrei nel deserto che non hanno percepito la presenza di Dio in mezzo a loro (cfr. Dt 32,5).
Anche qui Gesù, l'Emmanuele, il Dio-con-noi, non è stato riconosciuto. Certo i discepoli hanno percepito qualcosa ma il capire qualcosa di Gesù non è sufficiente, è necessaria la vera fede.
Gesù, dopo aver rimproverato la folla, si fa condurre il ragazzo: «Portatemelo qui»; lo guarisce e lo libera nel momento in cui sgrida il demonio. Non basta il miracolo della guarigione di una singola persona è necessario anche guarire la fede incerta e debole dei discepoli. Gesù si avvicina a loro che sono confusi o storditi per la loro impotenza: «Perché non abbiamo potuto gettarlo fuori?». La risposta di Gesù è chiara: «Per la vostra vacillante fede». Questa risposta la troviamo solo nell'evangelista Matteo in Marco 9,29 viene riportato che un genere di demonio viene scacciato col digiuno e la preghiera.
Gesù chiede una fede capace di spostare le montagne del proprio cuore per identificarsi con la sua persona, la sua missione, la sua forza divina.
Ancora oggi l'impegno della fede è un'invito per tutti, ma sopratutto è un esortazione a lasciarsi guidare nelle azioni dalla potenza della fede, che diventa forte soprattutto nei momenti di prova e di sofferenza e raggiunge la maturità quando non si scandalizza più dello scandalo della croce. Questo scandalo si concretizza nel rifiutare, nel ribellarsi all'idea che la nostra salvezza passi attraverso una apparente sconfitta quale può essere la sofferenza e le tribolazioni della vita, con le quali siamo chiamati a seguire il Signore sulla via che porta sì alla risurrezione, ma che prima passa inevitabilmente attraverso la croce. Allora diventa facile «annacquare» la croce di Cristo, riducendola a mera poesia, sentimento, emozione, simbolo, senza prenderla sul serio per quello che è stata veramente, così da sentirci poi autorizzati ad annacquare anche le nostre croci, autorizzati ad evitarle a tutti i costi, se è possibile, a scaricarle sugli altri. E quando inevitabilmente la vita ce ne mette una sulle spalle, invece di seguire Cristo sul suo stesso cammino, come gli antichi Giudei anche noi rischiamo lo scandalo: «Se sei Figlio di Dio, fammi scendere dalla croce, e ti crederemo».
Questa espressione non fa parte della fede. La vera fede può tutto, anche spostare le montagne, purché si rinunci a fare affidamento alle proprie capacità umane.
I discepoli, la comunità primitiva hanno sperimentato che l’incredulità non si vince con la preghiera e il digiuno ma è necessario unirsi alla morte e resurrezione di Gesù. A noi il compito di unirsi a questo grande mistero!