sabato 15 agosto 2009

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B)

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Celebriamo la XX domenica del tempo ordinario e il vangelo ritorna sul discorso del pane di vita che Gesù fa di se stesso e che cerca di far capire ai suoi discepoli nella sua giusta portata religiosa, spirituale e soprannaturale.
Nel brano torna sul senso della comunione in termini di un realismo al limite della crudezza, e con un’insistenza impressionante: “Il pane che io darò è la mia carne… Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue… La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda… Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue… Colui che mangia me…”.
Cosa significa mangiare il suo pane e bere il suo sangue? I discepoli non sapevano ancora come egli avrebbe dato se stesso in cibo, cioè nel segno sacramentale del Pane e del Vino. E tuttavia quelle parole sono fondamentali; non a caso l’evangelista che le riporta ha cominciato il suo resoconto della vita di Gesù con un’affermazione (Giovanni 1,14) che ne costituisce quasi il titolo: “Il Verbo si fece carne”. E ancora: “In lui era la vita. A quanti l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. Con questa espressione l’evangelista sintetizza un altro aspetto del discorso di Cafarnao, quello costituito dalle conseguenze del “mangiare la carne di Gesù”. Lo si capisce completando le frasi riportate sopra: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita; chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Colui che mangia me vivrà per me”.
Cari amici, qui continuiamo a parlare di fede e porci domande sulla fede e la religione in particolare quella cristiana. Senza poi volersi dilungare su un argomento così complesso, la fede cristiana si distingue per l’Incarnazione: Dio non si è limitato a rivelarsi agli uomini, si è fatto uomo lui stesso nella persona di Gesù, il Verbo fattosi carne. Conseguenza, il cristiano non è un uomo che riconosce come divini una serie di enunciati e cerca di tradurli nella propria vita; essere cristiani non significa abbracciare una filosofia, né condividere con altri una serie di pratiche di culto. Il cristiano ha di suo, speciale, qualcosa che non si riscontra in nessun’altra religione: la sua fede gli fa incontrare una persona, lo fa aderire a quella Persona unica che è uomo e nel contempo Dio, una Persona con cui intessere un rapporto d’amore, di fiducia, che porta ad accogliere tutto di lui, le sue parole, il suo stile di vita, le sue promesse. E quel rapporto si alimenta, trovando insieme la sua manifestazione visibile, nella partecipazione all’Eucaristia, in cui chi ama si nutre dell’Amato, si fa tutt’uno con lui. Nutrirsi di lui significa accogliere, meditare e mettere in pratica i suoi insegnamenti. Ma non finisce qui; se il nutrimento di Gesù fosse solo intellettuale, non c’era bisogno che sincarnasse, bastava che ci mandasse un bel libro con i suoi insegnamenti.
Nutrirci di Gesù è ciò che ci consente di provare a non "mangiarci tra di noi". Mangiare e bere non è un invito al cannibalismo. Di ben altro si tratta: ci è richiesto di fare nostre le scelte, lo stile di vita di Gesù, quelle che egli compì nella sua carne, cioè nella sua esistenza storica nei giorni della Palestina. Si tratta di mangiare e digerire, cioè metabolizzare, interiorizzare e praticare la stessa vita di Gesù che era dalla parte dei più deboli, delle persone emarginate. In sostanza i discepoli devono diventare un "solo corpo" con Gesù, cioè seguirlo sui sentieri della fiducia in Dio, della solidarietà, della speranza. L'allusione al sangue costituisce un rimando esplicito ai giorni della passione e della crocifissione.
Colui che vuole davvero diventare discepolo di Gesù dovrà seguirlo anche quando ci sarà da bere il calice amaro della emarginazione, della indifferenza, dell'ostilità, della sconfitta. Bere il suo sangue non significa andarsi a cercare le croci, ma saperle affrontare quando esse derivano dall'impegno sui sentieri del regno di Dio. Tutto richiama ad una continua trasformazione della vita: la conversione quotidiana.
Preghiamo il Signore affinché possiamo anzitutto vedere questa realtà: le nostre guerre quotidiane, per poi imparare a nutrirci di lui e così arrivare alla libertà di costruire un mondo migliore.


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