martedì 2 febbraio 2010

Mercoledì della IV settimana del Tempo Ordinario

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Ritorniamo a riflettere,
aiutati dall'evangelista Marco, su Gesù che torna in patria e si mise a insegnare nella sinagoga (vedi Mc 6,1-6).
La visita di Gesù nella sua patria è un avvenimento penoso che riprende il tema della mancanza di fede del popolo ebraico già sottolineata nell'insegnamento delle parabole e nella discussione su Beelzebùl.
Nella sinagoga a Nazareth tutti vanno ad ascoltare Gesù. Qualcosa li spinge. Egli è il concittadino più conosciuto. E tutti, ascoltandolo, restano stupiti del suo insegnamento. Ma dura poco lo stupore e da lì a popo a poco si trasforma in chiusura e poi in ostilità. Questo perchè quando il Vangelo chiede di cambiare vita, subito voltiamo le spalle, ci rifiutiamo come i concittadini di Gesù: siamo coloro che "hanno gli occhi aperti e non vedono, ascoltano ma non intendono".
Quante volte capita ai nostri giorni criticare qualcuno che conosciamo troppo bene!! Gli abitanti di Nazareth accettano che Gesù parli loro anche lungamente, ma non possono sopportare che uno di loro, uno di cui conoscono pregi e difetti, possa parlare con autorità sulla loro vita e chiedere il cambiamento del proprio cuore.
Carissimi, il vangelo è una lama a doppio taglio. Sì, è una parola che può anche meravigliare per la sua profondità, ma non le permettiamo di scalfire le nostre tradizioni, non le permettiamo di mettere in forse l'amore per noi stessi, e di disturbare la nostra pigrizia o le nostre paure.
Marco nota con tristezza che persino "Gesù si meravigliò della loro incredulità e non poté operare nessun miracolo". La chiusura all'ascolto del Vangelo e l'incredulità alla sua forza impediscono anche a Dio di operare miracoli.
Se vogliamo approfondire esistenzialmente, bisogna che ci lasciamo interpellare a fondo: che cosa significa "indurimento del cuore", quella "sclerocardia" che, non poche volte, la sacra Scrittura viene denunciando! Quell'uomo contorto che siamo, rappresentati da futili ideologie, quell'uomo deve diventare uomo nuovo. "Per cantare un cantico nuovo spogliatevi di tutto ciò che è vecchio" (Sant'Agostino).
La sfida è il "quotidiano" dove tutto avviene senza che, apparentemente, noi vediamo e tocchiamo la Presenza del Signore. E' qui che la tentazione coglie noi, come colse e travolse quelli di Nazareth: "Non è Costui il figlio del carpentiere (...) e le sue sorelle non sono qui sotto i nostri occhi?" Il salto indispensabile è qui: quel che vivo è usuale, dentro dimensioni che sembrano smentire il divino, nella materialità di ciò che vedo con questi occhi di carne. Eppure, proprio dentro tutto questo, il Signore è una Presenza d'amore e di salvezza.
E' veramente il caso che durante la nostra preghiera prendiamo "il nostro cuore in mano" e vedere se soffre di sclerocardia. Vedere se in noi manca il soffio di Dio e preghiamo così: Signore, risveglia in me la fede. Rendimi salda nel credere che Tu sei accanto sempre e che sostieni il mio voler rendere operante la fede con la carità.