lunedì 19 aprile 2010

Martedì della III settimana di Pasqua

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!



Continua il nostro cammino di fede e di trasformazione di conseguenza continuano i vari interrogativi che ci facciamo, nonostante che seguiamo Gesù (vedi Gv 6,30-35).
I giudei pretendono di fondare la loro fede sull'esperienza di prodigi straordinari.
Nella mentalità giudaica i segni sono visti nella linea delle opere e devono essere simili a quelli operati da Mosè quando liberò Israele dalla schiavitù dell'Egitto. Ecco allora logica e pertinente la richiesta, che la folla pretende da Gesù: "Quale segno dunque fai tu, perché vediamo e possiamo crederti?".
Qui Gesù cerca di far comprendere alla folla che ha mangiato il pane da lui benedetto e moltiplicato che cosa significhi credere. Chiama i suoi interlocutori alla fede, a riconoscere l'azione attuale di Dio, ad andare al di là delle apparenze, per riconoscere che nelle sue parole, nel suo esempio, nel dono che egli fa della sua vita, c'è il "vero pane" dal cielo, il "pane che dona la vita": «il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Gesù, apparentemente, non scendeva dal cielo, era un uomo nato sulla terra e perciò risultava difficile riconoscere in lui il "pane di Dio". Ma con gli occhi della fede era possibile riconoscerlo come il Figlio di Dio, «il pane della vita».
La fede è dunque adesione alla modalità di essere di Gesù: una esistenza in dono, quando si comprende che la propria vita, l'unica propria vita, può essere messa a disposizione di una causa alta di servizio agli altri.
Il Pane del cielo che dà la vita al mondo è la rivelazione del significato profondo del Cristo e del suo mistero pasquale e dunque dell'uomo stesso, di ciascuno di noi. E noi abbiamo bisogno proprio di questo: abbiamo "fame" "desiderio" di un Dio che non stia per i fatti suoi, beato nella sua onnipotenza e perfezione, ma che si doni a noi, che ci riveli le nostre origini, che ci sia terrà dove stendere le nostre radici nella serenità e nella fiducia, che ci nutrà quando la fame di senso attanaglia il nostro essere temporale e fragile. Abbiamo bisogno di Qualcuno che ci faccia diventare ciò che profondamente sperimentiamo di essere e che fatichiamo a tradurre nei mille gesti di ogni giorno: dono.
Ecco la fede: non adesione intellettualistica ad un circuito del sapere, ma l'incontro con una Persona: Cristo, che rivelandosi nella Parola e nel Pane, rivela noi a noi stessi e ci rende capaci di essere ciò che siamo secondo il progetto creatore: esistenza in dono.
Nella nostra preghiera non possiamo altro che dire: "fammi diventare amore"!