giovedì 22 aprile 2010

Venerdì della III settimana di Pasqua

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Altri interrogativi suscita la Parola nella vita dei Giudei... nella vita nostra di tutti i giorni. Questo brano riprende il tema del mangiare la carne di Gesù per richiamarlo e svilupparlo, e per associargli il tema del bere il suo sangue. Il mangiare la carne di Gesù e il bere il suo sangue hanno come effetto salvifico la vita eterna o il rimanere in comunione intima con la persona divina di Cristo (vedi Gv 6,52-59).
Non è facile comprendere queste parole di Gesù non si entra nel mistero del dono. Gesù qui non ha paura di essere preso per matto, non teme di parlare "della sua carne" di cui ci invita a nutrirci, del suo sangue che ci è dato a mo' di bevanda. L'Eucarestia è Lui stesso dato in cibo e bevanda. E' Lui stesso che perpetua la sua morte e risurrezione a mo' di alimento. Così – ed è mistero solo d'amore! - Lui vive in noi e noi in Lui. Così possiamo esistere in una "vita nuova" divinizzata a causa di Lui. Le parole di Gesù sulla condizione per possedere la vita eterna sono esplicite: bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue. La fede in Gesù si concretizza e si dimostra nel mangiare la sua carne e nel bere il suo sangue.
Con la comunione al corpo e al sangue di Cristo è seminato in noi il germe della risurrezione che porterà il suo frutto più maturo nell'ultimo giorno.
L'alimento della carne e del sangue di Cristo nutre veramente e in modo perfetto e definitivo, perché è fonte di risurrezione e di vita eterna. Per avere la vita non basta volere, non basta capire, è necessario mangiare. Bisogna diventare mendicanti di un pane che il mondo non sa produrre e ovviamente non sa dare. Come i poveri che chiedono pane, così siamo noi quando ci raccogliamo alla mensa eucaristica: essa anticipa il cielo sulla terra. Qui troviamo ciò che sfama e disseta per l'eternità. Gesù stesso, che ha camminato con i discepoli lungo i giorni della settimana, si ferma e mangia con noi come con i due discepoli di Emmaus.
All'eucaristia, presenza del corpo e del sangue di Gesù fra noi, dobbiamo fare un grande spazio nella nostra vita. Vivremo, così, un'esistenza nuova: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui [...] vivrà per me». Il frutto del mangiare e del bere, quindi, è anzitutto il dimorare nostro in lui e suo in noi: l'amore porta ad accogliere l'altro in se stesso, a farsi sua casa. In questo senso, pensiamo a quanto è importante partecipare all'eucaristia, fare la comunione con consapevolezza e con amore! Con il mangiare e il bere, inoltre, il Figlio amato e inviato ai fratelli, che vive grazie al Padre, ci comunica, come nostra vita, la sua vita, ci coinvolge nella vita che promana da Dio. Mangiando di lui, siamo assimilati da lui: l'amato diventa la vita di noi che lo amiamo, dando forma al nostro essere, al nostro pensare, al nostro volere, al nostro agire. La comunione tra Gesù e il discepolo si concretizza in un'azione di vita. Afferma Paolo: «non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20).
Preghiamo così:
Signore Gesù, donaci di accostarci alla mensa eucaristica con fede e amore, di accogliere te in noi e di essere accolti da te. Comincerà la vita nuova, con te, grazie a te e per te.