sabato 15 maggio 2010

ASCENSIONE DEL SIGNORE (ANNO C)

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Celebriamo l'Ascensione del Signore. I discepoli gli avevano chiesto se era finalmente venuto il momento in cui lui avrebbe ricostituito il regno di Israele.
In questa domanda abbiamo il desiderio pigro di non dovere faticare più contro la divisione e le difficoltà, ma anche l'attesa di discepoli deboli e incerti di fronte a un mondo ostile, segnato dal male. Se ci facciamo caso, questa è una domanda che si affaccia particolarmente quando vediamo il male abbattersi accanto a noi.
E si rinnova quel "perchè Signore?"... "Fino a quando, Signore?"... "Quando vincerà l'amore e la morte sarà sconfitta per sempre?"... "Quando le lacrime degli uomini saranno asciugate?"...
Gesù non risponde alle nostre domande. Non l'ha fatto nemmeno quando camminava coi suoi discepoli. Noi capiamo così poco della vita che facilmente la riduciamo a quello che capisco io, alle mie cose, a quello che io provo.
La vita, sembra suggerire Gesù, è ben più grande, e non spetta certo a noi conoscerne i tempi ed i momenti! Ma il Signore non lascia soli e promette la forza vera, quella dello Spirito di amore che scende sui discepoli.
La liturgia vuole iniziare riprendendo la prima Lettura della Messa fin dall'Antifona d'Ingresso: “Uomini di Galilea, perché fissate nel cielo lo sguardo? Come l’avete visto salire al cielo, così il Signore ritornerà”. Alleluia. (At 1,11).
Questo sguardo verso le nuvole ci fa sentire il forte distacco. ma l'ascesa di Gesù al cielo non vuol dire che egli si sia allontanato dai discepoli. Significa piuttosto che egli ha raggiunto il Padre e si è assiso accanto a lui nella gloria. Ascendere perciò vuol dire entrare in un rapporto definitivo con Dio.
L'Ascensione ci mostra qual è il futuro che Dio ha riservato ai suoi figli. Futuro di cui Egli ha sempre parlato: la vita divina. È il cielo raggiunto da Gesù dove, come aveva detto: "vado a prepararvi un posto", perché siamo anche noi dove è lui. E lui ci prende da oggi con sé.
Essere con Lui non significa aver risolto ogni problema, dubbio, paura. Tutt'altro! Rimaniamo sempre persone deboli, increduli, pieni di paura. Infatti, il Dio in cui crediamo è il Dio che affida, che accompagna, ma affida il cammino del vangelo alla fragilità della sua Chiesa.
Noi di questo amore possiamo essere testimoni e fino ai confini della terra. Cioè a tutti, anche a quelli che non consideriamo o che ci sentiamo in diritto di trattare male. Troveremo un po' di cielo nella vita di ognuno e saremo anche noi uomini del cielo.
Ora è il tempo del costruire relazioni e rapporti a partire dal sogno di Dio che è la Chiesa: comunità di fratelli e sorelle radunati nella tenerezza e nella franchezza nel Vangelo.
Accogliamo allora l'invito degli angeli: smettiamola di guardare tra le nuvole cercando il barlume della gloria di Dio e vediamo questa gloria disseminata nella quotidianità di ciò che siamo e viviamo.


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