venerdì 15 ottobre 2010

Sabato della XXVIII settimana del Tempo Ordinario

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!


Il vangelo odierno ci richiama a riconoscere Gesù nella propria vita (vedi Lc 12,8-12). Ciò, lo sappiamo, non è facile forse è fuori moda. E' più facile attaccarsi ad una vaga religiosità, a una esperienza "religiosa" che seguire Cristo Gesù. Sì, ci confessiamo cristiani, ma spesso aggiungiamo al nostro credo un nostro "ma". Forse è il caso di capire fino a che punto siamo cristiani, se ci vergogniamo del Signore ( i nostri "ma") davanti agli altri. Questa è una nota dolentissima del nostro cattolicesimo contemporaneo: la testimonianza dei cristiani è debole perché non preparata, non pronta. Riconoscere la propria appartenenza a Cristo davanti agli uomini è segno del proprio cristianesimo. Chi vuol bene al Signore riconosce la sua signoria sulla propria vita, cioè segue il suo insegnamento e vive il suo amore. E' questo che ci salva, perché ci permette di non essere schiavi di sé, delle mode e delle abitudini scontate, ma di trovare nella roccia solida del Vangelo la forza di essere più umani.
Lasciamo che ogni cosa abbia anzitutto quel filtro d'amore che si chiama Dio. Chi non vive questa signoria non sarà riconosciuto come suo familiare, la sua vita cioè non parlerà dei Gesù e resterà estranea a quelli che vivono con lui, come gli angeli. E' proprio questa mancanza di amore, cioè quello che il Vangelo chiama il peccato contro lo Spirito, che segna la differenza, e non basterà eseguire le prescrizione o essere formalmente corretti. Inoltre privi di questo amore i cristiani sono come dei sacchi vuoti, inutili, sterili.
Lasciamo allora che nelle situazioni difficili, che esigono che l’uomo porti testimonianza di Dio, ci aiuta lo Spirito Santo, che ispira il nostro comportamento. La virtù della fortezza, indispensabile in una vita modellata sull’esempio di Cristo, è un dono dello Spirito Santo.

Oggi ricordiamo S. Margherita M. Alocque