venerdì 12 novembre 2010

Sabato della XXXII settimana del Tempo Ordinario

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!

Oggi, il calendario carmelitano riporta alla nostra memoria la beata Teresa di Gesù, fondatrice delle Suore di Nostra Signora del Monte Carmelo.
Il vangelo odierno riporta un elemento molto caro a Luca: la preghiera. E' la seconda volta che Luca riporta le parole di Gesù per insegnarci a pregare. La prima volta (Lc 11,1-13), ci insegnò il Padre Nostro e, per mezzo di paragoni e parabole, insegnò che dobbiamo pregare con insistenza, senza stancarci. Ora, questa seconda volta (vedi Lc 18,1-8), ricorre di nuovo ad una parabola tratta dalla vita per insegnare la costanza nella preghiera.
Pregare sempre senza stancarsi è visto come una inderogabile necessità per ogni credente. È insito nella nostra natura il bisogno di scoprire la prima fonte del nostro esistere e nel contempo l'urgenza di stabilire una comunione con colui che noi chiamiamo Padre. La preghiera dunque, prima di tradursi in parole, in gesti, in segni visibili, sgorga dall'anima come ricerca della verità. È un viaggio in compagnia dell'Amico, perché sveli i segreti dei cuori e li indirizzi al Padre. La preghiera è importante perché è desiderio di Dio. E Dio-Amore non desidera altro che di essere desiderato e amato.
Nel vangelo, Gesù vuole che i discepoli siano certi, come lo è lui, che la preghiera viene sempre ascoltata dal Padre. Per farlo capire narra loro la parabola di una povera vedova che chiede giustizia ad un giudice. Questa vedova, simbolo dell'impotenza in una società come quella del tempo di Gesù, con la sua insistenza presso il giudice, disonesto e duro di cuore, viene alla fine esaudita ed ottiene giustizia. Gesù non fa altro che ripeterci, in ogni modo, la forza e la potenza della preghiera: quando essa è insistente si può dire che obbliga Dio a intervenire. Per questo l'assiduità nella preghiera è la prima opera del discepolo ed in essa è la sua forza.
Se un uomo così perverso, come il giudice della parabola, è capace di esaudire le richieste insistenti della vedova, Dio, che è giusto e misericordioso, non esaudirà prontamente le preghiere dei suoi eletti che gridano a lui giorno e notte, ossia "sempre, senza stancarsi"? Certamente! Anzi, l'intervento di Dio, a differenza di quello del giudice, è repentino ed efficace.
La preghiera è un atto di fiducia, un lasciarsi illuminare dallo Spirito di Dio, prendere coscienza dei propri limiti, mettersi alla ricerca del suo Signore e Padre e, trovatolo, lo invoca incessantemente per conoscerlo, per amarlo, per godere del suo amore, per scoprire il piano divino che lo conduce alla salvezza.
L'interrogativo con cui si chiude il vangelo di oggi ci chiede una sempre rinnovata presa di posizione nei confronti di Dio. L'apostolo Paolo attendeva con fiducia la morte e il giudizio, perché aveva conservato la fede (cfr 2Tim 4,7).
E noi, camminiamo sul suo esempio?