sabato 8 ottobre 2011

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Un caro saluto a te che leggi quanto scrivo!

Ancora una parabola [ai capi dei sacerdoti e ai farisei]. Ci sta un'insistenza per far capire il senso del Regno di Dio, il senso del messaggio di Gesù.
L'immagine che viene usata in questa domenica è quella del banchetto, come ci suggerisce anche il profeta Isaia (25,6-10a) nella prima lettura. La parabola invece inizia dicendo che "un re fece una festa di nozze per suo figlio".
Generalmente parlando di festa di nozze, siamo portati a riflettere sia sullo sposo che sulla sposa. L'aria è tesa a questo interesse: far festa ai neosposi.
Qui succede qualcosa di diverso. L'evangelista sembra lasciar un'identità misteriosa, nascosta puntando sull'azione del Re (è il soggetto di quasi tutte le azioni della parabola ed è l'unico che prende la parola) e sulle reazioni degli invitati.
Ora questo linguaggio teologico-simbolico, ci induce a completare la riflessione, che è una riflessione storica-salvifica, cercando di identificare sia lo sposo che la sposa. 
Nella parabola, il re chiama i servi perchè a loro volta chiamino i chiamati. Il re appare come il Vocante. In pratica abbiamo una chiamata nonostante risultiamo già chiamati. Perchè è quella chiamata che ci appartiene tutti i giorni, ogni istante della nostra vita. Questa è una chiamata universale, per tutti, "cattivi e buoni".
E a che cosa si è chiamati? Alle nozze. Non sono le nozze di tutti i giorni, ma le nozze: le prime, le ultime e l'eterne nozze.
In queste parole intravediamo le nozze di Gesù con la sua Chiesa. Egli è l'uomo-servo umiliato, maltrattato, rigettato, ucciso. Se questa Parola di vita ancora oggi è proclamata, è chiaro che i servi tutt'oggi sono umiliati, maltrattati, rigettati, uccisi. Forse non ci si accorge, perchè tutti abbiamo smarrito l'orientamento. Ma la domanda ci viene posta: "Amico, come hai potuto entrare senz'abito nuziale?". Quell'abito nuziale richiama il nostro cammino di fede. Richiama quello stesso abito datoci il giorno del nostro Battesimo. Che ne abbiamo fatto? Gesù è vero accoglie tutti. Ma ci invita ugualmente a fare delle scelte concrete, a rivedere la nostra vita, il nostro servizio agli altri. C'è una qualità che bisogna che emerga dal nostro essere e non un offuscare sempre più quanto viviamo e quanti ci circondano.
Mi capita alle volte di vedere e sentire entusiasmo nelle cose da farsi, ma al contempo noto anche il degrado, la scarsa qualità, sensa nessun spessore. L'unico spessore, se così si può chiamare, è quello di "facciata". Oggi viviamo nella società del rumore: un rumore assordante, non solo esteriore, ma anche interiore, i cui effetti si riflettono negativamente sulla persona, rendendola spiritualmente vuota e superficiale (Josè Antonio Pagola).
Sembra rivivere la parole di sant'Agostino: "perchè ti piace così tanto parlare e non ascoltare?". C'è bisogno di ascoltare l'interiorità e rivestirlo nuovamente dei frutti dello Spirito. C'è bisogno di contemplazione per poter camminare verso la Vetta del monte e sedersi al banchetto di "cibi succulenti e vini raffinati".
Per iniziare possiamo farci aiutare dal profeta Isaia: «Mi feci ricercare da chi non mi interrogava, mi feci trovare da chi non mi cercava. Dissi: "Eccomi, eccomi"» (Is 65,1-2).
Preghiamo con la stessa preghiera di Colletta, offertaci dalla liturgia: O Padre, che inviti il mondo intero alle nozze del tuo Figlio, donaci la sapienza del tuo Spirito, perché possiamo testimoniare qual è la speranza della nostra chiamata,
e nessun uomo abbia mai a rifiutare il banchetto della vita eterna o a entrarvi senza l’abito nuziale.

Buona Domenica delle nozze a tutti voi!


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* l'immagine è di Don Mauro Manzoni