giovedì 25 aprile 2019

II DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia (Anno C)

IN GESÙ RISORTO APERTI ALLA VITA

Siamo nella seconda domenica di Pasqua chiamata anche "Domenica in Albis", in quanto fin dai primi tempi della Chiesa, durante il battesimo amministrato nella notte di Pasqua, i battezzandi indossavano una tunica bianca che portavano per tutta la settimana successiva, fino alla prima domenica dopo Pasqua, detta «domenica in cui si depongono le bianche vesti».
Questa domenica è dedicata anche alla «Divina Misericordia», istituita da San Giovanni Paolo II. È importante ricordarlo, non per un puro fatto devozionale che in tanti, poi, va sul devozionismo, ma come una realtà di fede da vivere nella nostra vita di tutti i giorni.
La Liturgia oggi ci fa rivivere l'esperienza pasquale dell'apostolo Tommaso. Un'esperienza ancora vigente nella vita di tutti. Siamo, infatti, il popolo che cerca ancora dei segni, e, se non basta, ci aggrappiamo ai maghi, ai tarocchi e a quant'altro all'infuori di Gesù, all'infuori di Colui che tutto può, che può salvarci l'anima.
Il Vangelo di questa domenica è considerato «la prima conclusione» dello scritto giovanneo. Una prima conclusione tra dubbi, paure, vedere, toccare e che lascia aperta l'esperienza pasquale nel tempo e nell'eternità. È l'esperienza della chiesa di allora! È l'esperienza della chiesa di oggi!
L'apostolo Tommaso con i suoi atteggiamenti ci aiuta a capire. Chiediamoci allora: come mai l'esperienza di Tommaso chiude un vangelo? In realtà non lo chiude ma lo apre alla vita. Il Vangelo di Giovanni è una testimonianza che annuncia ciò che il «noi» apostolico e della sua comunità ha udito, visto, contemplato e toccato di Gesù «Verbo della vita» (1Gv 1,1-4).
Tommaso è colui che vede e tocca i segni della passione, che tocca la vita, tocca la misericordia di Dio che ha un volto concreto, reale: Gesù Risorto, lo stesso Gesù che dona la pace pasquale che non è liberazione spettacolare da quanto ci minaccia esteriormente e comunque non è nulla di automatico. È la certezza interiore della sua presenza, che si fa' strada anche tra le incertezze e perplessità. È il dono-conquista di un cuore pacificato perché ancorato a Lui, fondato sulla roccia del suo amore e che sempre ci accompagna. Non quindi una soluzione immediata e miracolistica di tutti i problemi che ci agitano. Bensì realtà che matura anzitutto dentro di noi, per poi riverberarsi fuori e non viceversa. Una pace che attingiamo da Dio ma che non si costruisce senza il nostro impegno concreto!
Per essere avvolti da questa pace, bisogna riconoscersi umili, riconoscere la propria povertà, la propria miseria come fece Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!» (v. 28).
Con il racconto dell'esperienza di Tommaso, la liturgia ci invita a ravvivare la nostra fede come un nuovo modo di vedere. Una fede che si scontrerà sempre con i nostri sepolcri ma che ha una certezza in Colui che ha ribaltato la nostra pietra tombale, perché tutti possiamo mettere il dito sulle ferite della storia dell'umanità, a riconoscere nel mondo, in mezzo ai poveri, ai malati, in qualunque sofferente Gesù Risorto, il Figlio di Dio e nello stesso tempo, a lasciarci ferire per Lui!.
Questo ci conduce a riconoscerci ogni giorno fratelli, Chiesa in cammino, in una vita di servizio. Pasqua è la vita intera, quotidiana, dei credenti con Cristo, che camminano dietro di Lui ascoltando la sua voce, “senza stancarsi mai”, perché nel Cristo Risorto una nuova vita è cominciata. 

Buona Domenica nel Signore a tutti voi!







immagine: www.diocesidimantova.it