martedì 30 aprile 2019

1° Maggio: San Giuseppe lavoratore

NEL LAVORO UN DIO CHE FATICA PER LA DIGNITÀ UMANA

+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,54-58)

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. 
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Iniziamo il mese di maggio, mese dedicato alla Vergine Maria. Il calendario riporta la festa dei lavoratori... anche se ci stanno gente in giro a lavorare. Ebbene, vogliamo ricordare qui un grande lavoratore, declassato il 19 marzo ma messo nuovamente in auge proprio oggi: san Giuseppe. 
In realtà, ricordando san Giuseppe noi evochiamo il mistero di un Dio apprendista che vive accanto al padre putativo, suo maestro nell'arte del falegname. Nella sobrietà di questo ambiente semplice, il Figlio di Dio s'immerge nella fatica del lavoro restaurando in tal modo un valore sfigurato dal peccato originale. Tale è l'ordinarietà operosa di questa piccola azienda a conduzione familiare che la gente si stupisce del figlio del carpentiere divenuto ad un tratto maestro e taumaturgo che la gente si chiede: «Da donde gli vengono tutte queste cose?».
In questa celebrazione il vangelo descrive la visita di Gesù a Nazaret, sua città natale, dopo una lunga assenza. Da buon ebreo si reca nella sinagoga per la preghiera. Qui prese la Parola e la commenta. Ma il suo commento fu oggetto di critica. Una critica che somiglia a chi in chiesa occupa i primi posti, a chi pensa di sapere vita, morte e miracoli degli altri, a chi ama il chiacchericcio.
Non è stata una bella esperienza per Gesù ritrovarsi rifiutato nella sua patria. Il Gesù che loro avevano conosciuto fin dalla sua infanzia, non appariva più lo stesso. Perché era diventato così diverso? 
A Cafarnao la gente accettava l'insegnamento di Gesù, ma qui a Nazaret la gente si scandalizzava. Loro non accettavano il mistero di Dio presente in un uomo comune come loro! Per poter parlare di Dio, Gesù doveva essere diverso da loro e non un lavoratore.
Oggi avere un lavoro diventa sempre più un problema. Giovani o famiglie che lasciano la propria città per recarsi altrove per poter vivere dignitosamente, anche se sono costretti a farlo in mezzo a traguardi ambiziosi dell'avere, del possedere e talvolta dell'annientamento svilendo il lavoro e la dignità del lavoratore.
Come cristiani siamo invitati a guardare la vocazione originaria: posti in mezzo al cosmo per custodire e amare e nello stesso tempo cogliere il fascino di un Dio che lavora e suda come noi.
Se la festa odierna è nata per dare un diritto ai lavoratori (oggi chissà dove è andato a finire), come cristiani si può far prevalere il diritto di portare a compimento l'opera della Creazione, che rende simile l'uomo al Dio artefice, artista del Creato, che lo rende dignitoso. 
Preghiamo allora con la stessa preghiera che innalziamo durante la liturgia: «O Dio, che nella tua provvidenza hai chiamato l'uomo a cooperare con il lavoro al disegno della creazione, fa' che per l'intercessione e l'esempio di san Giuseppe siamo fedeli alle responsabilità che ci affidi, e riceviamo la ricompensa che ci prometti. Per il nostro Signore Gesù Cristo tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen».