DALL'ASCOLTO DELLA PAROLA ALLA VITA
In queste
domeniche abbiamo visto Gesù inaugurare il suo ministero pubblico, proclamare
la Parola e fare la sua omelia nella sinagoga di Nazareth ritrovandosi
rifiutato da parte dei suoi concittadini per quanto annunciava.
Domenica scorsa il brano terminava che Gesù proseguiva il suo cammino in questa nostra vita, nonostante il rifiuto e l’infedeltà.
Ora, voltando pagina, ci troviamo a celebrare la domenica delle prime vocazioni. Abbiamo la vocazione di Isaia in un contesto mistico, cultuale e liturgico. Abbiamo anche la vocazione di quattro pescatori, due coppie di fratelli, in una apparente normalità immersa in una notte sprecata senza pescare nulla.
Gesù chiama e chiama in un momento ben preciso della vita e soprattutto in quel preciso istante in cui il cuore è disposto all’ascolto della Parola. L'evangelista Luca ci fa capire che per essere discepoli dobbiamo «far ressa attorno a Gesù per ascoltare la Parola di Dio», perché ci addolcisca, ci infonda coraggio, ci valorizzi per renderci fecondi e non malinconici.
È bella quest’icona di Gesù maestro, Pantocratore, a cui la gente accorre per ascoltare e mentre c’è chi ascolta la Parola, Gesù si accorge di due barche vuote, quasi arenate alla sponda insieme alla fatica dei pescatori e il loro fallimento. Il brano è conosciuto anche come “la pesca miracolosa”.
Ma di quale miracolo parliamo? Certamente non quel miracolo che tutti vanno in cerca! Tutti infatti stiamo a fissare Gesù perché faccia un miracolo. Gesù però non è l’uomo-Dio dei miracoli e il miracolo – sempre se possiamo chiamarlo così – in questo brano non è la pesca ma quanto di buono accadrà nel cuore di ciascuno.
Il miracolo è l'incontro tra l'umano e il divino, che libera da ogni situazione di morte per rendere fecondi, fruttuosi.
Gesù si presenta all'uomo nella realtà quotidiana come ragione della speranza, che sale sulla barca per attraversare il mare della vita, superando le paure: il peccato dell'uomo.
Gesù sale sulla barca dell'uomo per proporre nuovi mari, nuovi orizzonti. Egli è colui che riempie la vita non di pesci, ma di senso.
Il Vangelo ci presenta dei pescatori intenti nella routine giornaliera del proprio lavoro. Quei pescatori siamo ciascuno di noi che ogni giorno cerchiamo di pescare qualcosa dalla vita, dall'esistenza. Ma cosa in realtà peschiamo?
A noi ci sembra di avere una barca colma di pesci per una grossa vendita al mercato, anche se il cuore in un tempo di scarsezza lavorativa si ritrova sempre in pieno fallimento.
Abbiamo una barca piena delle angustie della vita, abbiamo una barca che fa acqua da tutte le parti e nonostante questo, Gesù dice: «prendi il largo e getta le reti per la pesca».
“Prendi il largo”, “duc in altum”, cioè “conduci te stesso in alto”. Questo è un invito a salire verso la fonte del proprio essere, senza guardare eventuali situazioni di adattamento, perché è il tempo del kairos, il tempo dell'incontro, il tempo della vita, il tempo della missione, senza voltarsi indietro.
“Getta le reti”. Gettare nuovamente la rete nell’indicazione dataci da Gesù significa gettarci in questo nuovo mare dell'umanità pieno di scogli che urtano la sensibilità, la dignità.
Questo può accadere se anche noi, creando una rottura con la realtà che non sempre ci offre soddisfazione, facciamo ressa attorno a Gesù per ascoltare la sua Parola. Abbiamo bisogno di mettere al centro della nostra vita la Parola di Dio, perché ci addolcisca, ci infonda coraggio, ci valorizzi per renderci fecondi e non malinconici.
Allora, si prende il largo, ma con Gesù per farci condurre su un piano più elevato. Ci si discosta da terra e si prende il largo, perché a rendere stabile le acque della nostra esistenza c'è Colui che libera da ogni paura e da ogni forma di timore… e offre oltre al sostentamento corporale anche quello spirituale. Si taglia il cordone ombelicale con la realtà umana, per ristabilire il legame pieno, duraturo ed efficace con il Signore della vita.
La vicenda di Pietro è un invito a guardare la vita con gli occhi della fede per potere individuare i benefici che riceviamo e che ci permettono di affrontare in modo sereno e tranquillo la quotidianità.
Nell’atteggiamento di Pietro abbiamo quell’esempio di come la Parola ascoltata e interiorizzata porta i suoi primi frutti… una confessione delle proprie debolezze e una richiesta di aiuto a uscire fuori dal baratro in cui ci ha condotti il nostro egoismo sono l'inizio per compiere un salto qualitativo: da terreno poco fecondo a terreno fruttuoso.
Domenica scorsa il brano terminava che Gesù proseguiva il suo cammino in questa nostra vita, nonostante il rifiuto e l’infedeltà.
Ora, voltando pagina, ci troviamo a celebrare la domenica delle prime vocazioni. Abbiamo la vocazione di Isaia in un contesto mistico, cultuale e liturgico. Abbiamo anche la vocazione di quattro pescatori, due coppie di fratelli, in una apparente normalità immersa in una notte sprecata senza pescare nulla.
Gesù chiama e chiama in un momento ben preciso della vita e soprattutto in quel preciso istante in cui il cuore è disposto all’ascolto della Parola. L'evangelista Luca ci fa capire che per essere discepoli dobbiamo «far ressa attorno a Gesù per ascoltare la Parola di Dio», perché ci addolcisca, ci infonda coraggio, ci valorizzi per renderci fecondi e non malinconici.
È bella quest’icona di Gesù maestro, Pantocratore, a cui la gente accorre per ascoltare e mentre c’è chi ascolta la Parola, Gesù si accorge di due barche vuote, quasi arenate alla sponda insieme alla fatica dei pescatori e il loro fallimento. Il brano è conosciuto anche come “la pesca miracolosa”.
Ma di quale miracolo parliamo? Certamente non quel miracolo che tutti vanno in cerca! Tutti infatti stiamo a fissare Gesù perché faccia un miracolo. Gesù però non è l’uomo-Dio dei miracoli e il miracolo – sempre se possiamo chiamarlo così – in questo brano non è la pesca ma quanto di buono accadrà nel cuore di ciascuno.
Il miracolo è l'incontro tra l'umano e il divino, che libera da ogni situazione di morte per rendere fecondi, fruttuosi.
Gesù si presenta all'uomo nella realtà quotidiana come ragione della speranza, che sale sulla barca per attraversare il mare della vita, superando le paure: il peccato dell'uomo.
Gesù sale sulla barca dell'uomo per proporre nuovi mari, nuovi orizzonti. Egli è colui che riempie la vita non di pesci, ma di senso.
Il Vangelo ci presenta dei pescatori intenti nella routine giornaliera del proprio lavoro. Quei pescatori siamo ciascuno di noi che ogni giorno cerchiamo di pescare qualcosa dalla vita, dall'esistenza. Ma cosa in realtà peschiamo?
A noi ci sembra di avere una barca colma di pesci per una grossa vendita al mercato, anche se il cuore in un tempo di scarsezza lavorativa si ritrova sempre in pieno fallimento.
Abbiamo una barca piena delle angustie della vita, abbiamo una barca che fa acqua da tutte le parti e nonostante questo, Gesù dice: «prendi il largo e getta le reti per la pesca».
“Prendi il largo”, “duc in altum”, cioè “conduci te stesso in alto”. Questo è un invito a salire verso la fonte del proprio essere, senza guardare eventuali situazioni di adattamento, perché è il tempo del kairos, il tempo dell'incontro, il tempo della vita, il tempo della missione, senza voltarsi indietro.
“Getta le reti”. Gettare nuovamente la rete nell’indicazione dataci da Gesù significa gettarci in questo nuovo mare dell'umanità pieno di scogli che urtano la sensibilità, la dignità.
Questo può accadere se anche noi, creando una rottura con la realtà che non sempre ci offre soddisfazione, facciamo ressa attorno a Gesù per ascoltare la sua Parola. Abbiamo bisogno di mettere al centro della nostra vita la Parola di Dio, perché ci addolcisca, ci infonda coraggio, ci valorizzi per renderci fecondi e non malinconici.
Allora, si prende il largo, ma con Gesù per farci condurre su un piano più elevato. Ci si discosta da terra e si prende il largo, perché a rendere stabile le acque della nostra esistenza c'è Colui che libera da ogni paura e da ogni forma di timore… e offre oltre al sostentamento corporale anche quello spirituale. Si taglia il cordone ombelicale con la realtà umana, per ristabilire il legame pieno, duraturo ed efficace con il Signore della vita.
La vicenda di Pietro è un invito a guardare la vita con gli occhi della fede per potere individuare i benefici che riceviamo e che ci permettono di affrontare in modo sereno e tranquillo la quotidianità.
Nell’atteggiamento di Pietro abbiamo quell’esempio di come la Parola ascoltata e interiorizzata porta i suoi primi frutti… una confessione delle proprie debolezze e una richiesta di aiuto a uscire fuori dal baratro in cui ci ha condotti il nostro egoismo sono l'inizio per compiere un salto qualitativo: da terreno poco fecondo a terreno fruttuoso.
immagine: www.ocarm.org