UNA CROCE PIENA DI BENEDIZIONE E DI VITA
Siamo arrivati alla XXIV domenica del Tempo Ordinario, e la liturgia odierna si tinge di rosso in quanto celebriamo l'esaltazione della Santa Croce. Quindi questa domenica festeggiamo la Croce.
La parola “croce” la usiamo come “il cacio sui maccheroni”, infatti, alla parola croce abbiniamo persone, situazioni, sofferenze, molestie. Quindi nel comune pensare non abbiamo una valenza positiva, figuriamoci festeggiare la croce. Eppure, il segno della croce è una delle prime cose che impariamo da piccoli e che in diversi momenti della nostra quotidianità ripetiamo, magari senza sapere il senso di quel gesto che copre il nostro corpo. Allora la croce ci dice anche qualcosa di positivo e noi, questa domenica, celebriamo la Croce di Cristo Gesù, quella che lui stesso, per amore, abbracciò.
Per amore, non è un titolo di un film ma è il mestiere di Dio. Dio, secondo il profeta Isaia ama più di una mamma e quest’amore ce lo ha dimostrato mandandoci il suo unico Figlio che si abbassa fino alla morte, la più umiliante ed infamante, quella riservata ai peggiori delitti, la morte in croce. San Paolo nella seconda lettura ce lo spiega molto bene. Allora, l’esaltazione della santa Croce ci fa conoscere un aspetto del cuore del Figlio di Dio che solo Dio stesso poteva rivelarci: la ferita provocata dal peccato e dall’ingratitudine dell’uomo diventa fonte, non solo di una sovrabbondanza d’amore, ma anche di una nuova creazione nella gloria.
Per entrare dentro questa sovrabbondanza d’amore, la Liturgia ci fa ascoltare alcuni versetti del Vangelo di Giovanni tratti dal lungo dialogo notturno tra Nicodemo e Gesù.
Nicodemo è un uomo avanti negli anni e con Gesù trova una seconda nascita, anche se all’inizio è stato difficile comprendere quel nascere dall’alto. Gesù rivela al Rabbì di Israele i misteri del Regno, le “cose del cielo”, rivolge parole molto difficili e impegnative come “risalita al cielo per colui che ne era disceso”; “il serpente del deserto da riattualizzare nell’innalzamento del Figlio dell’uomo”; “Dio che manda il Figlio non a condannare ma a salvare”.
Se questo dialogo notturno fosse accaduto anche a noi, avremmo avuto le stesse reazioni di Nicodemo. Infatti, tutti fuggiamo dinanzi al dolore, alla morte. Sul Golgota al momento della crocifissione di Gesù, degli apostoli, tranne Giovanni, non ci stava nessuno. Un momento cruento che, forse, è normale fuggire a meno che il proprio volto, il proprio sguardo si incrocia con Colui che fu trafitto alla Croce.
Per capire questa festa bisogna passare dalla follia della Croce, per scrutare bene il cuore del Crocifisso e per imparare la lezione della croce, considerato che essa costituisce la vera, anzi, l’unica forma di discernimento della nostra sequela e dell’autenticità della nostra testimonianza cristiana. E non è semplice per nessuno!
Nel Vangelo troviamo poche persone che scrutano il Crocifisso, che volgono lo sguardo su di lui: “sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa, Maria di Màgdala e Giovanni” (cf. Gv 19,25-26). Pochi che iniziano a credere nella vita eterna. Infatti, per noi, ancora oggi, è più facile attaccarci ad altri simboli che al simbolo della croce. Però a differenza del simbolo che mise Mosè per salvarsi dal morso di serpente, Gesù con la sua croce va oltre la guarigione che nessun altro simbolo può donarci: la salvezza eterna. Questa salvezza che Gesù ci ha assicurato con la sua morte in croce e la sua resurrezione è per tutti, nessuno escluso.
Per cogliere in profondità il mistero della croce, occorre necessariamente soffermarci, anche a lungo, a contemplare il Crocifisso nell’umiltà, la stessa umiltà che appartiene a Gesù. Solo attraverso l’amore e l’umiltà possiamo capire che la croce, uno strumento di morte, diviene strumento di vita e simbolo di salvezza per tutti (cf. Sap 16,6; Mc 10,45). E in ogni celebrazione dell’Eucaristia questo mistero dell’amore di Dio viene riofferto per la salvezza di tutti.
Due gli elementi della fede cristiana: Eucarestia e Croce, elementi non facili da vivere. Del resto, gli apostoli quando ascoltarono il discorso sull’Eucaristia risultò loro molto duro, figuriamoci quanto ostica dovette apparire la croce. Solo l’amore e l’umiltà apriranno il loro varco alla comunione piena con Dio.
Tutto questo discorso Nicodemo lo ricevette nelle tenebre della sua vita. Oggi il Signore lo ripete nelle nostre tenebre. Nicodemo si è incamminato verso Gesù, verso la pienezza della luce, della vita e della verità, rinascendo così dall’alto.
Dall’alto della croce ognuno di noi può scoprire quanto sia amato dal Signore. Con il segno della croce che ci tracciamo, noi affermiamo e crediamo questa verità. Forse tanti di noi lo fanno per abitudine ma è giunto il momento che l’abitudine diventi vita e non gesto vuoto e senza senso che tanti non riescono più a capire come si fa il segno di croce.
Allora se per tanti la croce rappresenta crudeltà, maledizione questa è la forma con cui Dio vorrà benedirci e sempre ci benedirà, colmando la nostra comunità cristiana di benedizioni, perché solo attraverso la croce realizza pienamente la sua esistenza e ci si apre alla vita eterna.
Buona festa dell'esaltazione della Santa Croce a tutti voi!