sabato 7 gennaio 2012

BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO B)


Un caro saluto a voi che leggete quanto scrivo!

Abbiamo celebrato da poco l'Epifania del Signore, ma anche questa domenica, la prima del Tempo Ordinario che chiude il ciclo natalizio, è una Epifania del Signore. Ricordo che Epifania significa "manifestazione".
La festa del Battesimo del Signore ci presenta una manifestazione della vita di Gesù.
A raccontarci i fatti è l'Evangelista Marco. 
Ci troviamo presso il Giordano. Qui Gesù entra in scena passando di mezzo alla folla. Non viene dalla Giudea come coloro che ascoltavano Giovanni, ma viene dalla Galilea, da Nazaret un luogo ignorato.
Dentro questo movimento, insieme a Gesù di Nazaret, ci siamo noi. L’evangelista Marco qui non fa altro che farci vedere il nostro Salvatore e Signore in fila, ultimo della fila: “Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore viene con potenza” (Is 40,9). Chi pensa a un Dio così? Nessuno! Ecco perché spesso nei vangeli si grida allo scandalo, alla bestemmia! Eppure in quest’uomo, nonostante viene definito più forte del Battista, si manifesterà una debolezza estrema, si manifesterà la potenza di un amore che lo rivela come unico Signore, si manifesterà quel “patire con” noi e per noi la nostra morte. Se nell’Antico Testamento Adamo s’innalzò per rapire l’uguaglianza con Dio e cadde nella morte. Nel Nuovo Testamento Gesù, Figlio di Dio, compie una scelta contraria: si abbassa e familiarizza con l’uomo fino alla morte e viene innalzato a una vita nuova.
Qui il significato del battesimo di Gesù figura della sua morte. Egli si immerge  nel Giordano, nel peccato di tutti quelli che vi accorrono, con una differenza: noi ne usciamo mondi e lui, carico del nostro male. San Paolo dirà dopo: “Colui che non conobbe peccato, si è fatto per noi peccato e maledizione (2Cor 5,21; Gal 3,13). Il suo mettersi in fila con noi ha quella forza di correggere la falsa immagine che abbiamo di Dio: onnipotente, tremendo. 
Gesù ci presenta un Dio amore che si spoglia di tutto e si fa servo, portando su di sé il peso del nostro male, lo stesso male che ogni giorno incontriamo sul cammino, qualcosa che ci ricorda la precarietà, la provvisorietà della nostra vita terrena: la malattia, la morte, l'impossibilità di realizzare tutti i nostri desideri... 
Gesù in questo momento sceglie di unire i rapporti tra Dio e l’uomo, rendendolo con la sua solidarietà ovunque. Lo Spirito che scende richiama alla vita di Dio che si rende presente nell’umanità e che ridona a ciascuno la dignità di figlio. 
Il simbolo di una colomba richiama l’arca di Noè (Gn 8,8). Esso è figura del battesimo, che segna l’inizio di una vita salvata dalle acque. Un altro simbolo che possiamo ricavare dalla colomba è quello che incessantemente tuba, quasi a richiamare Dio che da sempre canta all’uomo il suo amore, in attesa di risposta.
Nel brano ritorna ancora una volta la “voce”. Questa volta, però, non è quella del messaggero che dona voce alla Parola (Gesù) ma è la “voce che viene dal cielo”, da Dio Padre. Egli non ha volto, ma voce. Marco tiene a sottolineare questa particolarità: il volto di Dio è quello di chi ne ascolta la parola. Questa voce da conferma alla figliolanza divina di Gesù: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. 
Questa voce è il marchio che attesta l’identità di Gesù e la sua missione. Questa voce manifesta un’approvazione incondizionata alla stessa solidarietà con i peccatori. Manifesta quel desiderio che tutti, uomini e donne segnati dal dolore, dalla morte, schiacciati dalla colpa, scoprano di avere Dio come Padre.

Buona Domenica nel Signore a tutti voi!


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