mercoledì 26 marzo 2025

IV DOMENICA DI QUARESIMA - LAETARE (ANNO C)

UN CUORE APERTO ALL'AMORE


Seguendo l’itinerario di fede, in questo Anno di grazia, siamo giunti alla IV tappa del Tempo di Quaresima. Questa è anche la domenica della gioia. La liturgia trova il suo motivo di gioia con l'antifona d'ingresso alla Messa, dandoci il giusto motivo per quel passaggio dal cuore triste, chiuso al cuore gioioso. Del resto, il ritorno a Dio da peccatori è e deve essere sempre un momento di gioia.
Questa è la domenica dove ascolteremo ancora una volta il capitolo 15 del Vangelo di Luca, in particolare la terza parabola di questo capitolo che parla di misericordia, incastonata in un contesto ben preciso: «un uomo aveva due figli».
Quante storie iniziano così. Nella Bibbia ne troviamo diverse. Ma anche nella nostra storia dove rivalità e sangue versato continuano ai nostri giorni.
Quindi la parabola che il Signore ci racconta, più che un figlio che vive da dissoluto e poi ci ripensa e torna a casa, oppure la mormorazione del secondo figlio che rimane inchiodato al dovere, sembra che si vada oltre: un affetto che si spezza e poi si ricompone, una distanza tra chi parte e chi resta, il rancore di chi si sente dimenticato, di chi si sente tradito dall’ingiustizia, e sullo sfondo una riconciliazione non completata. Ecco la storia di questa parabola: due fratelli, una storia dove la ferita non si rimargina, una vita irrisolta, spaccata. Il figlio minore che prende la sua parte e va via di casa sprecando la sua vita ottenendo polvere e sconfitta. Occorre rientrare in sé stessi per far ritorno a casa dove c’è quella rimanenza del figlio maggiore. Nel frattempo il fratello maggiore intuisce un’ingiustizia, si sente defraudato, privato di quanto gli apparteneva e non può cogliere in quella situazione la misericordia, l’amore del Padre. Vede davanti a se solo un padre ingiusto.
Nello sguardo del figlio maggiore ci ritroviamo anche noi, soprattutto quando facciamo fatica a capire la misericordia di Dio: una misericordia che non ha pretese, che non cerca prove di redenzione, non pesa, non misura, non conserva rancori ma sa cancellare anni di peccato, dimenticando e perdonando.
Questa è la storia che ci appartiene e che spesso ci fa ritrovare tra le mormorazioni, tra le critiche e il cuore chiuso all’amore, al perdono.
Perdonare non è facile per nessuno fin quando il cuore è chiuso. È più facile comportarsi come gli scribi e i farisei che stanno sempre a mormorare, a puntare il dito lasciando tutto nel disordine anziché perdonare.
Nella vita di questi due fratelli leggiamo una vita spaccata a metà, tra la ribellione del primo e la fedeltà dell’altro. In tutti e due fratelli ci sta un grande vuoto: manca tutto, manca la misericordia.
La misericordia «è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato» (MV, 2). E quando manca tutto questo nasce il vero dramma: ci sarà sempre un fratello che resterà fuori con il peso di una giustizia incapace di diventare amore, ci sarà un fratello che punterà sempre il dito verso il Padre che accoglie e verso il figlio che fa ritorno, ma mai comprenderà!
La vicenda finisce irrisolta come molte vite, molte storie di ogni giorno. Davanti però ci sta ancora una Porta da attraversare. Chissà se vedrà il nostro cuore convertito? Chissà se il puzzle familiare si ricompone? Tutto è lasciato lì intanto il Padre misericordioso getta lo sguardo da lontano, sempre, senza smettere di sperare. Questa è una Porta che non si chiude, che sa gettarsi sempre al collo di chiunque e le cui braccia non si stringono a pugno. La Porta della Misericordia è lì per chi torna, ma anche per chi fatica a tornare, ad entrare, che resta fermo sulla soglia della sua stessa casa, sulla soglia di sé stesso.
Questa domenica, questa tappa spirituale quaresimale ci insegna anche a «sperare contro ogni speranza» (Rm 4,18) e fare in questo Anno Santo un pellegrinaggio che va dalla superficie al cuore. È molto semplice vivere il pellegrinaggio attraversando una delle Porte sante con tanto di rito e preghiere e perché no, anche di selfie. Ma quello più difficile, sarà quello che scende nel profondo del cuore perché è un «allargare lo spazio della propria tenda» (Is 54,2), un imparare ad amare senza paura, comportandoci in modo misericordioso con noi e con gli altri. Solo così vivremo l’esperienza della gioia, dell’essere felici: rendendo felici gli altri scoprendo nel fratello e nella sorella Cristo Gesù, che è per noi la fonte di ogni salvezza e misericordia.
Riconsideriamo allora la nostra vita, le nostre azioni, chiedendo perdono e cercando di perdonare. Il richiamo alla misericordia è un invito a costruire ponti, a promuovere la pace e a vivere una fede attiva e autentica. Questo è fare Giubileo: un momento di festa e di celebrazione, ma anche un’opportunità di conversione e di rinnovamento della propria vita secondo il modello di amore e di misericordia che ci viene offerto da Cristo Gesù.
Che ognuno di noi possa realizzare l’esperienza dell’amore misericordioso del Padre, perché anche noi possiamo sentirci amati ed amare.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!







mercoledì 19 marzo 2025

III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)

CONVERSIONE E PAZIENZA


Continuiamo il nostro percorso quaresimale che ci conduce verso le celebrazioni pasquali. In questa terza domenica di quaresima, il Vangelo più che una lieta notizia sembra un necrologio, terribile, inquietante. Ma non è questo il messaggio di questa domenica, per quello ci pensano i nostri media giorno dopo giorno.
Il Vangelo è sempre una lieta notizia non è noia, non è morte ma vita perché annuncia sempre la speranza, scuotendo quel torpore che abbiamo addosso.
Il cuore del Vangelo contiene sempre quell’invito a cambiare il nostro modo di pensare, a convertire il nostro cuore per cambiare stile di vita e non essere come quelli che cercano sempre “il pelo nell'uovo”. È vero che nella vita personale ci sta sempre qualcosa che non va, ma è un dato di fatto che riscontriamo in tutti. Però in ciascuno di noi ci sta un desiderio di pienezza spesso oscurato dal dolore.
Quante situazioni di dolore nella nostra vita: malattie gravissime che nella maggior parte dei casi sono ancora sconosciute, incidenti mortali, morte improvvise, tutte situazioni che lasciano senza un perché e magari diamo colpa a Dio. Del resto, è facile puntare il dito, trovare un capro espiatorio.
Questa domenica a Gesù viene presentato una situazione di dolore, di morte drammatica di cui si cerca una risposta ben precisa senza trovarla, neanche sfogliando le pagine della Bibbia.
La risposta di Gesù è disarmante, spiazza quella stoltezza umana, quell’irresponsabilità della persona perché ognuno prenda coscienza di quanto sta accadendo. È vero che ogni cosa ci parla di Dio ma è anche vero che ogni cosa è oggetto e soggetto di una revisione di vita, di una conversione. In altre parole, Gesù ci dice che non siamo come dei burattini nelle mani di Dio e tantomeno Dio non è un burattinaio ma è essenziale convertire il nostro cuore per poter gustare ogni attimo della nostra esistenza.
La Quaresima, tutto il Vangelo ci parla di “conversione”, perché? Perché Gesù ci parla di conversione e non di altro? La parola “conversione” in ebraico, ha un significato particolare, vuol dire “tornare alle origini” e quindi “tornare al punto di partenza”, tornare alla verità, all’essenziale. E oggi più che mai ne abbiamo bisogno!
Gesù invita a fare un vero cammino di fede, a cambiare lo sguardo sulla realtà che ci circonda, a cambiare stile di vita. È importante chiedersi pure: la mia vita risponde allo stile del mondo o allo stile di Dio?
In questo contesto Gesù inserisce una parabola: quella del fico sterile, dove Gesù ci insegna a sapere gestire la vita con pazienza e a saper rispondere alla vita con amore, come il padrone della vigna per il suo albero di fichi di cui si aspettava dopo tre anni un raccolto abbondante ma non trovò nulla.
Oggi noi faremmo il contrario: elimineremo ed estirperemo in modo radicale e drastico l’albero senza sé senza ma e magari piantandone uno nuovo. Come del resto, abbiamo fatto con tante di quelle nostre relazioni o situazioni difficili anziché comprenderle, guarirle, sanarle, accoglierle e viverle come farebbe Dio: gli zappa intorno e lo concima, sperando che porti frutto.
Questo significa che il dolore o quanto di triste possiamo sperimentare nell’arco della nostra vita, può essere letto da una prospettiva diversa senza lasciare che la nostra vita inaridisca.
Dio è infinitamente paziente e ci invita a vivere la pazienza con lui. Ci infonde quel giusto coraggio per poter ricominciare dando quel giusto frutto che è gioia, amore, fraternità, armonia, prosperità, pace. Questi sono i frutti che Dio, «un tale» cerca nella sua vigna, in mezzo a noi e insieme a ciascuno di noi crede che anche noi li cerchiamo.
Dio è infinitamente ottimista, spera sempre che riusciamo a cambiare, a dare sempre il meglio di noi stessi, a fiorire e portare buoni frutti, sorpassando i fatti della vita, valorizzandola, vivendola in pienezza, con amore.
Il tempo di Quaresima è il tempo favorevole dello Spirito perché ci è data l’opportunità di guardarci dentro, di guardare la nostra vita, per vedere se i frutti che si producono sono gustosi o acerbi. È il tempo propizio perché ognuno si segga dinanzi alla Parola di Dio per poter crescere rigoglioso, evitando così di chiudersi a riccio e continuando a vegetare.
Siamo nell’Anno Giubilare, un anno dedicato alla speranza, un anno che ci permette di accostarci più frequentemente al sacramento della riconciliazione, che ci permette di sostare più a lungo con un esame di coscienza. Che ci permette di leggere la nostra vita alla luce della Parola di Dio. Che ci permette di fermarci di più alla Sua presenza. Un anno in cui potremmo sperimentare meglio la pazienza di Dio. Approfittiamone! Dio dona sempre una altra chance per ricominciare onestamente la nostra vita anche trasmettendo agli altri quest’amore misericordioso che Dio ha avuto nei nostri confronti.
Dio scommette ancora un anno su ciascuno di noi, cioè sempre. Dissodiamo allora il nostro terreno, il terreno del nostro cuore, perché dia dei buoni frutti, per noi, per gli altri, per la vita eterna.

Buona domenica nel Signore a tutti voi!